L’Egitto è il terzo paese al mondo (dopo Turchia e Cina) per numero di giornalisti in prigione. A fine dicembre erano 25, ma il numero da allora è salito: a febbraio sono stati arrestati Moataz Wadnan di Huffington Post Arabi e il documentarista Ahmed Tarek Ibrahim Ziada, per aver intervistato un potenziale (poi trombato) candidato alla presidenza.

Una settimana fa è toccato ai giornalisti Mai el-Sabagh e Ahmed Mustafa: avevano girato un video sullo storico tram di Alessandria.

E ieri la procura generale egiziana ha lanciato un numero telefonico per denunciare «fake news» pubblicate da media nazionali o internazionali. La campagna, ordinata da al-Sisi in vista delle elezioni, ha già portato alla chiusura di quattro show satirici per «diffusione di notizie false» e all’arresto di Khairy Ramadan, presentatore tv nonché sostenitore del governo: aveva intervistato una donna che definiva insufficiente lo stipendio da poliziotto del marito.