A Mosca ormai si teme il peggio per il regime di Maduro e si cerca di correre ai ripari. Secondo quanto ha rivelato 2 giorni fa il portale The Bell, il vice ministro delle finanze russo Sergey Storchak è volato prima delle feste a Caracas per proporre un programma shock che faccia uscire il paese latinoamericano dalla crisi.

LO HA CONFERMATO lo stesso Stochack ieri affermando che si tratterebbe di «una proposta informale, da concordare nei dettagli con i destinatari dell’assistenza». Mosca sarebbe ora in attesa dell’approvazione di Caracas al progetto presentato. I «Chicago Boys» del Cremlino avrebbero preparato misure dagli accenti fortemente neoliberali per «dare una scossa all’economia» secondo le prime indiscrezioni della Tass.

Gli esperti russi avrebbero chiesto a Maduro una radicale riforma fiscale che introduca la flat-tax (in Russia l’aliquota unica è al 13%), la liberalizzazione dei prezzi dei carburanti, lo stop al finanziamento del deficit di bilancio attraverso le emissioni con il blocco della stampa di valuta locale con effetti parzialmente deflattivi. Anche l’adeguamento ciclico dei salari verrebbe messo in soffitta. Per garantire la ripresa della domanda sarebbe introdotto invece un «reddito di cittadinanza». «Così si potranno spendere soldi veri sia per la benzina sia per i bisogni familiari», sostengono gli economisti russi. Bocciatura invece per il «Pedro» la criptovaluta fortemente voluta da Maduro, «dal valore solo propagandistico e inutilizzabile per le transazioni internazionali».

UN PROGRAMMA lacrime e sangue che ha fatto storcere il naso ai chavisti della prima ora. Ma il governo bolivariano non sembra avere molte scelte: Putin nell’incontro dello scorso dicembre con Maduro ha promesso di investire 7 miliardi di dollari nel settore petrolifero venezuelano e spedire 600mila tonnellate di grano per sfamare la popolazione. Ma non intende negoziare aiuti al buio dato che l’esposizione di Mosca con Caracas avrebbe raggiunto la ragguardevole cifra di 17 miliardi di dollari. L’obiettivo di Putin a questo punto è quello di trasformare il Venezuela da semplice alleato a paese che ruota nell’orbita russa.

Il Washington Post conferma e ritiene che la politica della Russia nei confronti del Venezuela si è dimostrata assai efficace: «In cambio di prestiti e investimenti ora controlla una quota significativa di almeno cinque giacimenti petroliferi del Paese», afferma il quotidiano Usa.

IL SODALIZIO russo-venezuelano ha inoltre un’evidente ricaduta strategico-militare. Dopo che Bolsonaro ha dichiarato di pensare a basi americane in Brasile per «bloccare la penetrazione russa nel continente attraverso Cuba e Venezuela», è arrivato il ruggito del ministro degli esteri russo, una sorta di campana a morto per l’alleanza Brics. «Le dichiarazioni degli ultimi giorni dei dirigenti brasiliani e americani sono inquietanti», ha detto Lavrov promettendo poi a Maduro le «armi necessarie per difendersi».