Per curare i suoi mali e chiudere lo psicodramma di Calabria il centrosinistra si affida a una scienziata di neurogenetica. È Amalia Bruni la candidata del Pd e del Movimento 5 stelle alla presidenza della regione. Luminare di fama internazionale, celebre per le sue scoperte sul morbo di Alzheimer, è direttrice del centro regionale di neurogenetica di Lamezia Terme.

È CURIOSO CHE PROPRIO le sorti di questa struttura siano al centro della campagna elettorale da un bel pezzo. Infatti, pur essendo un presidio di livello mondiale per lo studio delle demenze degenerative, lotta, ormai da tempo per la sopravvivenza, operando in condizioni di grave precarietà economica ed organizzativa. Le politiche dissennate in tema di sanità pubblica dei governi regionali di centrosinistra e di centrodestra in questi anni lo hanno infatti affossato. Nel 2007 un geniale assessore regionale alla Salute arrivò a dire che «la ricerca la fa l’Università e il centro non ha motivo di esistere».

Eppure, in questi laboratori sono state fatte scoperte di straordinario valore nella conoscenza nei processi neurologici. In queste stanze la dottoressa Bruni e il suo team internazionale hanno individuato la presenilina 1, il gene più coinvolto nel determinismo dell’Alzheimer nella sua variante genetica ad esordio precoce. A Lamezia sono state seguite e curate migliaia di persone affette da demenza provenienti da tutta Italia. Lo stesso ministro della Salute Roberto Speranza aveva delineato un percorso per consentire al centro di proseguire l’attività di ricerca. L’esplosione della pandemia ha congelato tutto.

MA SOPRATTUTTO L’ASP di Catanzaro ha deliberato di staccare il laboratorio di geriatria molecolare dal centro, annettendolo alla geriatria medica dell’Università Magna Grecia. Come conseguenza l’intero personale a contratto del laboratorio è andato via.

IL COMMISSARIO ad acta per la sanità calabrese Guido Longo, pur mostrandosi a parole disponibile a correggere la rotta, nei fatti se ne è lavato le mani. Tutti ne auspicano la sopravvivenza ma ad oggi il centro di neurogenetica è in crisi permanente. Mancano i fondi. I quattro genetisti se ne sono andati. Il resto dello staff (infermieri, informatici, psicologi, assistenti sociali) ha ricevuto la lettera di licenziamento. Il centro è di fatto inattivo: i tre neurologi rimasti possono svolgere attività ambulatoriale ma solo parzialmente. Non è possibile eseguire gli esami, nei laboratori mancano tecnici e materiali. L’assistenza ai pazienti e alle loro famiglie è ridotta al minimo.

I problemi sono iniziati nel 2010 con il commissariamento della sanità regionale: stanziamenti ridotti, erogazioni a singhiozzo. L’ultima giunta regionale aveva destinato pochi fondi, rivelatisi ben presto insufficienti (200mila euro per il triennio 2019-2021): ad agosto erano già esauriti.

LA CANDIDATURA di Bruni rimescola le carte nel complicato mazzo di Calabria. Da sempre vicina al Partito democratico, la scienziata lametina crea qualche problema alla corsa di Luigi de Magistris. E potrebbe richiamare all’ovile quel disperso elettorato dem che il sindaco di Napoli sta provando da mesi a portare a sé. «La candidatura di Analia Bruni è indubbiamente autorevole. Ma non è affatto chiaro come ci si è arrivati, chi ha deciso e come – rimarca Filippo Sestito, della presidenza nazionale Arci e candidato nella lista Un’altra Calabria è possibile a sostegno di Luigi de Magistris – La mancanza di partecipazione è il vulnus di questa candidatura, calata dall’alto, senza un programma e una linea politica definita».

RISPETTO alla precedente candidatura dell’imprenditrice Maria Ventura, apparsa stonata sin dall’inizio e presto tramontata, Amalia Bruni porta in dote autorevolezza e prestigio consolidati. Ma con una destra che parte dal 57% delle regionali 2020 e che si muove come un tank l’impressione è che siano già in corso le manovre per il secondo posto.