Sinistra? E chi l’ha vista? Quel che autorevoli giornalisti e analisti paventano su questo giornale, il cupio dissolvi della sinistra politica, in Calabria è già un’amara realtà.
Per la prima volta in 50 anni la sinistra scompare dalla scheda elettorale. Nessun simbolo e nessuna formazione di sinistra extra Pd partecipa alle Regionali del 26 gennaio. Una debàcle.
E dire che il 23 novembre 2014, nelle passate consultazioni, il risultato non era stato sconfortante. «Sinistra in Calabria», a sostegno del presidente Mario Oliverio, aveva superato il quorum del 4% ed eletto un consigliere (ben presto trasmigrato al Pd). La lista «L’altra Calabria», capeggiata dall’ingegnere Domenico Gattuso, si era fermata all’1%. Insomma, un risultato intorno al 7%, che lasciava ben sperare.

E INVECE QUEST’ANNO un’ecatombe. Nessun dibattito, nessuna analisi sulle prospettive, un’apatia disarmante. C’era chi sperava in una discesa in campo di Mimmo Lucano. La ritrosia dell’ex sindaco di Riace, dovuta principalmente alla sua odissea giudiziaria, ha presto sbollito gli entusiasmi. Da allora si è navigato a vista senza una bussola.

L’HARD QUORUM DELL’8% per chi si presenta da solo ha prodotto l’autoesclusione di Potere al Popolo che ha giudicato ingiusta la legge elettorale, «un meccanismo ‘truffa’ che lede in modo abnorme il principio di rappresentanza». Ma anche in una logica coalizionista il nome di Pippo Callipo non poteva che risultare indigesto alle forze più possibiliste come Sinistra Italiana, Articolo 1 e Rifondazione comunista. Una speranza poteva darla il geologo Carlo Tansi che aveva creato una «coalizione civica» che potesse fungere da contenitore per un’alternativa. Tansi ha dialogato con le forze della sinistra ma ben presto ogni trattativa è naufragata. E il suo progetto si è rivelato ben presto niente più una riedizione del qualunquismo anticasta, «nè di destra nè di sinistra», tanto da aver imbarcato nelle sue liste personaggi legati alla destra dei forconi calabresi, fuoriusciti leghisti e grillini rossobruni.

E così, alla fine della legislatura che inizierà dopo le elezioni del 26 gennaio, saranno passati dieci anni da quando la sinistra ha eletto l’ultimo rappresentante in seno al consiglio regionale. «E in una terra in cui la politica rappresenta spesso la continuazione degli affari con altri mezzi, non è certo una buona notizia – ci dice Delio Di Blasi, di Cosenza in Comune – dovuta anche alle esperienze negative delle passate giunte di centrosinistra. Nella giunta di Agazio Loiero, Rifondazione espresse due assessori al lavoro (transitati successivamente armi e bagagli in Forza Italia e nel Pd renziano) senza che ciò abbia cambiato di una virgola le condizioni materiali di disoccupati e precari. E se si esce dal palazzo, nè la sinistra politica, nè quella sociale sono riuscite a ricostruire un proprio ruolo autonomo e ad acquisire consenso tra le classi popolari piegate dalla crisi. Ciò che è rimasto della tradizione comunista il 26 gennaio, probabilmente, non andrà a votare. La stessa Cgil è disorientata e si divide tra un acritico sostegno a Callipo e confuse manifestazioni pro Gratteri, alla ricerca di una scorciatoia giudiziaria al socialismo».

INSOMMA, A QUESTE LATITUDINI regna solo lo sconforto unito alla crisi strutturale dei partiti. Secondo l’ex senatore Nuccio Iovene, «qui la sinistra ha dilapidato negli anni un patrimonio, ormai c’è un deserto intorno a noi. Tutte le forze della diaspora del Prc anzichè essere una soluzione alla degenerazione dei partiti ne hanno costituito una variabile. Il trasformismo ha attecchito in maniera paurosa e la disarmante litigiosità ha fatto il resto. Tutti i congressi del Prc calabrese in questi anni sono finiti in tribunale a causa di liti sul tesseramento. I gruppi dirigenti non hanno voluto arginare l’andazzo, si sono voltati dall’altra parte per ragioni di convenienza».

Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Basti guardare alla evoluzione di Vito Pitaro. L’ultimo consigliere del Pdci di Vibo Valentia, oggi candidato nella lista «Jole Santelli presidente».