A dispetto dei gialli di Agatha Christie in diritto tre indizi non fanno una prova. Ma in politica possono esser le premesse di un cambio di linea. Sembra proprio che Italia Viva stia per aprire i due forni per le amministrative di autunno. Mentre a Roma Matteo Renzi dialoga con Enrico Letta, in Calabria i suoi luogotenenti sondano l’alleanza con la destra alle regionali. Con un occhio di riguardo per la Lega e il suo presidente reggente Nino Spirlì.

Il nunzio renziano si chiama Ernesto Magorno, senatore, sindaco di Diamante, per molti anni segretario regionale dem ora fedelissimo del «rottamatore». Dopo aver elogiato il reggente per la chiusura delle scuole (poi riaperte dal Tar), lo ha lodato per la sua proposta di cancellazione tombale del debito sanitario e per il via libera pasquale alle seconde case. C’è poi la scelta più politica: la recente adesione degli italovivi all’intergruppo parlamentare – promosso da Forza Italia e Lega – favorevole alla realizzazione del Ponte sullo Stretto (su cui ieri c’è stato il pollice verso del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani: «È un’opera che mi lascia perplesso, potenzierei anzitutto le infrastrutture di Calabria e Sicilia»).

La liaison tra Magorno e Spirlì ha però provocato una valanga nel partito renziano. Gli italovivi di Calabria sono ormai tramortiti. Una vera e propria fuga di massa negli ultimi giorni. Una decina di dirigenti ha deciso di mollare il partito. Tra loro big del calibro di Stefania Covello, ex segreteria nazionale e Bianca Rende, della direzione nazionale e consigliera comunale a Cosenza insieme ai coordinatori provinciali di Vibo Valentia, Catanzaro e Cosenza e ad altri componenti dell’assemblea nazionale. «I fatti degli ultimi giorni confermano le perplessità sul ruolo che Italia viva avrà in Calabria nel prossimo futuro.

Gli ammiccamenti sostanziano una scelta politica che non possiamo condividere – hanno protestato i fuoriusciti – L’apprezzamento al presidente Spirlì in tema di sanità e la notizia della costituzione dell’intergruppo sono la conferma di come nel partito esistano mali antichi, come il totale scollamento tra la dimensione verticistica, del ’partito degli eletti’ che compie le sue scelte in autonomia rispetto agli organismi e un corpo intermedio, di iscritti e dirigenti che valgono a legittimare l’esistenza del primo, ma che intuiscono solo dalla stampa gli orientamenti in merito ai temi e alle alleanze».

E ancora: «L’evoluzione del quadro politico avrebbe voluto un largo dibattito sulla futura collocazione del partito che appare, al momento, ondivaga e contingente alle singole situazioni locali. Non riteniamo, ad esempio, che la convivenza all’interno della maggioranza che sostiene il governo Draghi possa legittimare un’alleanza strutturale con la Lega».

Il fuggi fuggi da Italia viva in Calabria sembra avere una destinazione precisa. Per molti si tratterà di un ritorno a casa: il nuovo Pd moderato targato Ernrico Letta è un approdo probabile, così come le liste di Nicola Irto, candidato del centrosinistra per le elezioni regionali. Magorno, invece, da settimane ripete: «Serve una figura di spessore, di comprovate capacità e di elevato rigore istituzionale che si ponga alla testa di una coalizione ampia, partecipata e larga. Ci vuole un Draghi di Calabria». Ma, con Luigi de Magistris, Irto e Roberto Occhiuto già ai nastri di partenza, a pensarlo sono rimasti solo lui e Renzi.