La Bielorussia è uno dei pochissimi paesi in Europa a non aver preso nessuna misura per combattere il coronavirus. Già la scorsa settimana il presidente Alexander Lukashenko, vero padre-padrone da ormai 30 anni del piccolo paese slavo, aveva rilasciato dichiarazioni sorprendenti sulla pandemia.

Per l’istrionico leader «ci vogliono vodka, sauna e molto lavoro per sconfiggere il virus». I rischi e i contagiati per il suo paese «sarebbero praticamente nulli» tanto è vero che scuole e fabbriche sono aperte e persino il campionato di calcio nazionale – con tanto di pubblico assiepato sugli spalti – è iniziato regolarmente.

Ieri nel corso di un’intervista televisiva, Lukashenko è tornato sull’argomento sostenendo che «l’isolamento in appartamenti marci è la causa del virus. Non capisco chi chiede la quarantena».

Come in fiume in piena ha accusato gli Stati europei di «alimentare psicosi»: «Stiamo uccidendo la gente in questi appartamenti. Se hai l’influenza devi uscire, respirare aria fresca, ventilare la stanza. Ne ammazza più il panico che tutto il resto» ha concluso l’ineffabile lider maximo. Le sue dichiarazioni hanno provocato la reazione indignata dei paesi vicini.

Il presidente lituano Gitanas Nauseda ha messo in dubbio le statistiche delle autorità bielorusse sulla diffusione del Covid-19. I dati forniti dal ministero della sanità del paese ex-sovietico parlano di soli 157 casi accertati e di un deceduto a fronte dei molti migliaia di casi e decine di morti della vicina Federazione Russa. Il leader della Lituania, come tutti gli altri Stati baltici hanno steso una cordone sanitario intorno al paese slavo in modo da evitare contagi determinati dalla leggerezza con cui il governo di Minsk sta affrontando la crisi sanitaria. Nauseda si è detto inoltre convinto che le statistiche sul tasso di incidenza in Bielorussia sono «significativamente peggiori» rispetto ai dati ufficiali.

Una tesi confermata dai medici bielorussi che parlano di «indegna farsa del governo». Un medico di Vitebsk, in condizione di anonimato, ha confermato: «Ci sono tanti pazienti già deceduti e non sono sempre anziani. In terapia intensiva, le persone muoiono di “polmonite” e non viene riconosciuto che sia coronavirus. A livello amministrativo viene sussurrato: “qui è crittografalo in modo diverso per non rovinare le statistiche”».

Secondo questo medico, la situazione a Vitebsk è peggiorata dopo che i lavoratori di una delle fabbriche di scarpe sono tornati infetti da Milano. Attualmente 4 ospedali della città, appositamente convertiti per il trattamento della polmonite, sono pieni di pazienti. Il medico ha sottolineato che ora ci sono almeno il doppio dei casi segnalati di polmonite rispetto al solito. «Non voglio essere Nostradamus, ma possiamo ripetere lo scenario italiano» ha concluso il medico. La stessa difficile situazione ci sarebbe a Minsk e Brest. Qui il personale medico lamenta turni di lavoro massacranti, mancanza di tamponi e strumenti di protezione individuale.