Il meeting che ha riunito oltre 60 mila persone l’altro ieri nel parco Pobeda nel pieno centro di Minsk intorno alla candidata dell’opposizione Svetlana Tichanovskaya è suonato come un de profundis per Alexander Lukashenko, presidente in carica e da 26 anni padre-padrone della Bielorussia, appoggiato dallo screditato partito comunista tardo-staliniano.

TICHANOVSKAYA si presenta alle presidenziali del 9 agosto come candidata di bandiera di un vasto arco di forze che va dai cristiano-democratici fino al partito della sinistra europea «Un mondo giusto» e front woman dei candidati eliminati pretestuosamente dalla competizione: il marito Sergey Tichanovsky, il manager filo-russo Viktor Babariko – entrambi imprigionati – e Valery Tsepkalo ora esule in Russia dopo aver subito minacce nei confronti dei figli. Erano presenti tanti giovani, intere famiglie, gente comune solitamente lontana dalla politica che si vuole mettere alle spalle un regime ormai solo basato sulla corruzione e sull’uso sistematico nella vita pubblica del paese della polizia e del Kgb.

La pasionaria Tichanovskaya è del resto diventata un fenomeno che va al di là dei ceti urbani scolarizzati: ieri a Molodecno, cittadina rurale di 95 mila abitanti, erano presenti al suo comizio in 5 mila stipati nello stadio cittadino per chiedere un cambio di rotta.

NEL PICCOLO PAESE slavo la crisi del coronavirus ha picchiato duro. Il fenomeno in sé è stato limitato (ad oggi 70 mila casi e 600 decessi) visto che il paese vive da anni in semi-isolamento e con contatti commerciali praticamente solo con la Russia, ma il ritardo con cui il governo è intervenuto, la fragilità del sistema sanitario e la mancanza di ammortizzatori sociali, hanno fatto esplodere già tre mesi fa il «movimento delle ciabatte» (simbolo dello strumento per schiacciare gli scarafaggi, ovvero i dirigenti corrotti del paese).

«La candidata Tichanovkaya è il magnete di una protesta diversificata che raccoglie varie spinte da quella elettorale filo-russa o filo-polacca a quella di strada e non può risolvere la crisi sociale» afferma Pavel Katorzevsky di «Un Mondo giusto».

NON A CASO I SIMBOLI scelti per la sua campagna elettorale sono la V di vittoria, il pugno chiuso e un cuore rosso ed è sapientemente costruita con il concorso di importanti finanziamenti alle spalle.

Tre giorni fa il Kgb bielorusso non ha arrestato solo i 33 foreign fighers russi ma anche Vitaly Shklyarov uno spin doctor russo di fama internazionale che ha fatto parte a suo tempo dei team elettorali di Barack Obama e dell’ex presidente georgiano Misha Saakashvili. Secondo il giornale russo Vzgljad – e non ci sarebbe da stupirsi – oggi sarebbe a libro paga proprio della coalizione dell’opposizione, a dimostrazione che intorno alle prospettive strategiche ed economiche della Bielorussia si sta giocando una partita in cui molti Stati ne sono protagonisti attivi.

La vicenda dei 33 contractors russi in transito verso la Libia sequestrati da Minsk ha messo in luce come la Bielorussia sia diventata da tempo zona franca per lo spionaggio e le trame oscure della politica internazionale. Irina Chalip, giornalista di Novaya Gazeta di stanza a Minsk, ritiene che la Bielorussia come frontiera della zona grigia della politica dell’Europa orientale sia ormai un segreto di Pulcinella.

«Qui circola da tempo un po’ di tutto dagli ex combattenti ceceni ai soldati di ventura di entrambi i fronti del Donbass. La Bielorussia è diventata una revolving door dalla metà degli anni Novanta: si usa Minsk per entrare e uscire dall’Occidente» sostiene la reporter.