Il rapporto ActionAid diffuso ieri dal titolo Tra retorica e realtà. Dati e proposte sul sistema antiviolenza in Italia, fotografa la situazione della violenza maschile contro le donne prendendo in esame i fondi statali stanziati ai sensi della legge 93/2013 per l’implementazione del Piano triennale strategico adottato nel 2017 che si chiuderà con la fine del 2020. Lo stanziamento per il Piano antiviolenza prevede 132 milioni di euro; degli 84 destinati a protezione e supporto, 57,7 sono per le strutture di accoglienza, si tratta però di soldi – denuncia ActionAid – insufficienti e tardivi nell’arrivare a destinazione, non solo per ragioni burocratiche ma anche per l’impegno politico-istituzionale discontinuo.

OGNI ANNO, alla vigilia della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile contro le donne, la difficoltà affrontata dai Centri antiviolenza viene evidenziata ma non ottiene risposte adeguate. «L’epidemia – dice Elisa Visconti, responsabile dei programmi ActionAid – ci ha dato lezioni che non dobbiamo dimenticare, prima tra tutte il ruolo essenziale dei Centri e delle case rifugio nel sostegno territoriale alle donne, che hanno dimostrato una grande capacità di adattamento nel reinventare un modello di intervento rapido che funziona solo con supporti adeguati».

Una prima azione sarebbe quella di rendere accessibili i fondi ma la lentezza è una prassi: al 15 ottobre del 2020, le Regioni avevano erogato il 72% dei fondi relativi all’annualità 2015-2016, il 67% per il 2017, il 39% per il 2018 e solo il 10% per il 2019. A questo affanno si aggiunge la pandemia il cui impatto, riguardo il lavoro dei Centri e delle Case rifugio (spazi che hanno proseguito a funzionare), è stato di moltiplicata avversità. Del resto, il quadro della violenza maschile, già preoccupante, durante il primo lockdown è peggiorato: già lo studio dell’Istat, pubblicato in agosto sulle chiamate al numero verde 1522 tra marzo e giugno, avvertiva dell’incremento di richieste di aiuto pari a +119% rispetto all’anno precedente per un totale di 15280 chiamate; altrettanto dicasi per le richieste tramite chat, passate da 417 a 2666 messaggi. Nelle 67 pagine di rapporto ActionAid, un focus è dedicato proprio al sistema di protezione italiano ai tempi del covid-19 che sottolinea come il primo confinamento abbia danneggiato i gruppi più vulnerabili (per esempio nella quasi sparizione di domande di aiuto da parte delle donne migranti).

IN LOMBARDIA, le operatrici dei Centri hanno evidenziato una contrazione del personale a causa o di contagi, o di fattori di rischio delle volontarie o di quarantena. I dispositivi di protezione individuale insufficienti ed estenuante tenuta psichica, le operatrici si sono avvalse dei sostegni psicologici delle colleghe dei Centri. La mancanza di linee guida e coordinamento con le istituzioni viene lamentata dalla Lombardia, che non ha attivato fondi regionali dedicati al lockdown, ma anche in Calabria dove la percezione è stata di «temporanea sospensione della giustizia».

In questa solitudine tuttavia, l’apprezzamento va a realtà come Di.Re. che con i propri centri antiviolenza ha contribuito anche al rapporto ActionAid. «Domani – anticipa al manifesto Antonella Veltri, presidente di Donne in rete contro la violenza – presenteremo i dati dei centri antiviolenza D.i.Re nel 2019, che confermano da un lato quanto essi siano – con oltre 20.000 donne accolte – un attore imprescindibile nel sistema antiviolenza, dall’altro come sia ancora difficile per le donne chiedere aiuto, come conferma il numero leggermente in calo rispetto al 2018 delle donne che si sono rivolte a uno dei nostri centri antiviolenza per la prima volta durante l’anno 2019, passato da 15.456 a 14.431.

I DATI CONFERMANO che il maltrattante è nella stragrande maggioranza dei casi un partner, ex o altro familiare: l’83,7% dei maltrattanti ha, o aveva, le chiavi di casa. Segno che non funziona – prosegue Veltri – come ha messo in evidenza anche il rapporto di Action Aid, la prevenzione, perché continua a non essere adottata la lettura femminista della violenza che ha identificato la natura strutturale di questo fenomeno. Per questo occorrono maggiori investimenti e una pianificazione delle campagne e iniziative con il pieno coinvolgimento dei centri antiviolenza».