Quelli in Russia saranno i primi Mondiali con la VAR, la tanto attesa “moviola in campo”. Una rivoluzione copernicana che ha già coinvolto la nostra Serie A e altre competizioni sparse per il pianeta e che in teoria dovrebbe ridurre al minimo i margini di errori degli arbitri – sebbene nel campionato italiano anche la VAR sia stata oggetto di polemiche incendiarie. Se la tecnologia fosse stata a disposizione anche nelle precedenti edizioni della Coppa del Mondo, si sarebbero cancellate alcune topiche arbitrali che hanno fatto la storia del calcio. Anche i non appassionati ricordano la “mano de dios”, locuzione che poi diede il titolo anche a un film di Marco Risi, ovvero il gol palesemente irregolare segnato per l’appunto di mano nei quarti di finale del 1986 da Diego Armando Maradona contro il nemico – non solo sportivo – inglese. Il direttore di gara Ali Bin Nasser non si accorse della marachella del Diez, che corse subito a esultare, chiamando a sé i compagni proprio per rendere più credibile la malefatta calcistica appena combinata. L’Inghilterra è invece coinvolta nei due gol-non-gol più celebri, peraltro sempre contro lo stesso avversario. O meglio, nel 1966 si chiamava ancora Germania Ovest, nel 2010 era ormai riunificata.

Nel Mondiale inglese il compianto Bobby Moore alzò al cielo la Coppa Jules Rimet soprattutto per merito dei suoi due compagni di squadra del West Ham Martin Peters e Geoff Hurst, autori di tutti e quattro i gol della finale. E di uno sconosciuto guardalinee sovietico, Tofik Bakhramov. Colui che confermò all’arbitro elvetico Gottfried Dienst che la bordata di Hurst al 101imo minuto dei tempi supplementari dopo aver centrato la traversa aveva varcato la linea della porta difesa da Hans Tilkowski. Pare che Bakhramov concesse una delle marcature più controverse della storia del calcio soprattutto per “antipatia” nei confronti dei tedeschi. Quelle della Seconda Guerra Mondiale, a quei tempi, erano ferite ancora aperte per molti. Non a caso narra la vulgata che sul letto di morte il guardalinee di sangue azero, all’ennesima domanda su quella indimenticabile decisione rispose con una sola parola: “Stalingrado”.

La nemesi storica andò in scena a Bloemfontein 44 anni dopo. I Tre Leoni allenati da Fabio Capello furono stracciati per 4-1 dai giovani rampanti tedeschi, che però sul 2-1, con gli inglesi alla disperata ricerca del pareggio, ricevettero un regalo insperato dall’uruguayano Jorge Larronda e dai suoi collaboratori, incapaci di vedere che un bolide da fuori aerea di Frank Lampard aveva abbondantemente varcato la linea di porta – ovviamente dopo aver incocciato sulla parte interna della traversa…

Il capitolo espulsioni è invece infarcito di campioni tedeschi. Ai Mondiali italiani del 1990 Rudi Völler fu cacciato fuori dal campo insieme a Frank Rijkard per motivi misteriosi, visto che il suo unico torto era stato di aver subito uno sputo dall’avversario olandese. Al portierone Harald “Toni” Schumacher non fu invece affibiato un sacrosanto cartellino rosso per l’ancata volante degna di un incontro di Wrestling inferta al povero Patrick Battiston nella semifinale dei mondiali del 1982. Il difensore francese uscì a dir poco malridotto dallo scontro giudicato non falloso dall’olandese Cover: due denti e una vertebra rotta (e qualche giorno di coma).

Gli italiani rimembrano a dir poco con astio Byron Moreno, che nel Mondiale nippo-coreano del 2002 ne combinò di tutti i colori contro la squadra allenata da Giovanni Trapattoni, impegnata negli ottavi contro la Corea del Sud. L’acqua santa del CT di Cusano Milanino non esorcizzò l’arbitro ecuadoriano, che annullò una marcatura a Damiano Tommasi e negò un rigore abbastanza netto all’Italia per un fallo su Francesco Totti. Oltre il danno la beffa, l’ex capitano della Roma fu ammonito per simulazione e, visto che era il secondo giallo, successivamente espulso.

La Corea del Sud sfruttò al meglio il suo ruolo di padrone di casa, beneficiando di “aiutini” anche nei quarti contro la Spagna. Non che quella di avere un occhio di riguardo per le nazioni organizzatrici del Mondiali fosse una pratica nuova. Si narra di direzioni di gara amiche nel Mondiale ai tempi del fascismo, il primo vinto – in casa – dall’Italia nel 1934. Ma due possibili “truffe” non sarebbero state svelate nemmeno con il VAR. Il “miracolo di Berna” del 1954, la vittoria in rimonta per 3-2 della Germania Ovest sulla “Squadra d’Oro” ungherese guidata da Puskas pare fosse inquinata dal doping, tanto che una parte della rosa tedesca a campionato finito ebbe dei misteriosi problemi di salute.

È ormai acclarato che il 6-0 con cui l’Argentina schiacciò il Perù nel mondiale casalingo del 1978, quello tenutosi ai tempi della sanguinaria giunta militare, fu ottenuto con la compiacenza dei calciatori andini. All’Albiceleste serviva una larga vittoria per superare il Brasile nel girone che dava accesso diretto alla finale, così andò in scena la “marmellata peruviana”. Anni di sospetti sono stati confermati di recente dalle dichiarazioni di uno che quel match lo giocò, il centrocampista peruviano José Velasquez: “fu tutto deciso a tavolino, a partire da una riunione tra i capi di Stato Morales Bermudez e Jorge Videla. Poi si misero d’accordo i due staff tecnici e un nutrito gruppo di giocatori”. Una vergogna incancellabile.