Il governo conservatore del Partido popular teme il dissenso e porterà in parlamento una proposta di legge studiata per mettere il bavaglio alle proteste, che in Spagna si susseguono sempre più numerose.
Nell’ultimo anno, infatti, non solo gli indignados, ma anche medici, studenti, professori e lavoratori della pubblica amministrazione sono scesi ripetutamente nelle piazze del paese per dire no alle politiche di austerità che il governo sta applicando in tutti i settori. Una tendenza che, però, potrebbe cambiare drasticamente.
Se il pacchetto di norme «per la sicurezza cittadina» firmato dal ministro degli Interni Jorge FernándezDíaz dovesse passare (com’è probabile), partecipare a una manifestazione potrebbe, infatti, costare molto caro: da 30mila a 600mila euro, nel caso, ad esempio, di una protesta non autorizzatanei pressi diun edificio istituzionale.
Una misura, questa, disegnata ad hoc, per impedire che si ripetano le manifestazioni che l’anno scorso, in più occasioni, hanno radunato alle porte del parlamento migliaia di cittadini.
Ma i 55 articoli che, se approvati, sostituiranno la normativa socialista del 1992, prevedono dure sanzioni amministrative per quasi ogni tipo di protesta: gli escraches – i presidi pacifici sotto casa dei politici – saranno considerati un’infrazione grave dell’ordine pubblico e potranno essere multati anch’essi fino a 600.000 euro, in quanto, secondo il ministro, «atti minacciosi che si collocano al margine della legge pur non essendo finora classificati come reati».
Inoltre, con il fine implicito di prevenirli, la nuova normativa concede alla polizia la facoltà di istituire zone di sicurezza inaccessibili a mezzi e persone. Una limitazione delle libertà personali che i socialisti del Psoe hanno definito «un calcio in bocca alla democrazia degno di altri regimi».
A un mese dalla denuncia del commissario europeo per i diritti umani Nils Muinieks, che aveva richiamato il governo spagnolo «per l’uso eccessivo della forza durante le manifestazioni cittadine», arriva anche il giro di vite anche sulla diffusione di immagini riguardanti le forze dell’ordine.
La nuova normativa – che stride anche con il recente caso di ottopoliziotti catalani imputati, proprio grazie a un video, per la morte di un ragazzo a Barcellona – prevede multe di svariate migliaia di euro per chi diffonda foto, riprese o dati personali di agenti di polizia con la finalità di violare la loro privacy o di compromettere il loro operato.
Amnesty International, già a gennaio, aveva sollevato perplessità questo punto, recapitando le sue proteste al ministero degli Interni insieme a 60.000 firme per chiedere un’inchiesta sulla repressione della polizia durante l’accerchiamento del parlamento del 25 settembre del 2012.
«Con questa misura– ha dichiarato Ricardo Sixto di Izquierda Unida – il governo vuole dare una veste legale alla condotta violenta delle forze dell’ordine». «Tuttavia – ha proseguito il deputato –non bisogna dimenticare che la volontà di mettere la sordinaalle proteste,si scontra con la costituzione, che garantisce il diritto a manifestare».
Un diritto che, comunque, esce ridimensionato dal testo della proposta di legge, che il governo è già pronto ad attuare: nell’ultima finanziaria il budget del ministero degli Interni è stato aumentatodell’1,3%, in controtendenza rispetto agli altri dicasteri, che hanno subito, in totale, un taglio alle risorse economiche pari al 4,7%.