L’Argentina sprofonda nell’emergenza alimentare. Con le mense popolari e le cucine comunitarie che non riescono più a tenere il passo della crisi, sempre più gente è costretta a cercare il cibo tra la spazzatura. Nella Grande Buenos Aires, secondo un recente rapporto dell’Università cattolica argentina, l’insicurezza alimentare interessa addirittura il 44% dei bambini, mentre in tutto il paese soffre la fame un bambino su tre. In alcune scuole, ha denunciato Dina Sánchez del Frente Popular Darío Santillán, «non è più garantito neppure un bicchiere di latte».

E così, mentre il governo Macri continua a far finta di niente, mercoledì la popolazione è scesa in strada per esigere l’immediata approvazione della Legge di emergenza nazionale, che prevede l’avvio di un programma di sicurezza alimentare a favore della popolazione più vulnerabile. Di fronte a una crisi diventata «insostenibile» – nel primo trimestre del 2019 la povertà è arrivata a colpire il 34% degli argentini – un gruppo di lavoratori delle imprese recuperate e dell’economia popolare si è persino incatenato dinanzi alla Banca centrale, chiedendo le dimissioni di Macri: «Ogni giorno che resta al potere significa più fame». E per il 10 settembre si annunciano nuovi scioperi e manifestazioni in tutto il paese.

Sono già otto, in realtà i progetti di legge di emergenza alimentare fermi in Parlamento in attesa di calendarizzazione. Ma, ricevendo mercoledì un gruppo di dirigenti dei movimenti sociali, i deputati dell’opposizione hanno promesso di convocare una sessione speciale per tentare di forzare la mano del governo. Il quale, nel frattempo, ha chiesto al Fmi di poter rinegoziare il debito di 57,1 miliardi di dollari contratto con l’organismo, allungando le scadenze del rimborso «senza tagli di capitale e interesse».