Il movimento Hirak, nato nel febbraio 2019 dal rifiuto di un quinto mandato da parte del presidente Abdelaziz Bouteflika, ha avuto la sua prima battuta di arresto dopo 117 venerdì consecutivi a manifestare.

Nella consuetudinaria giornata settimanale di protesta tutte le manifestazioni sono state duramente represse dalle forze di polizia, dispiegate in maniera massiccia nella capitale e in tutte le principali città del paese. Una pericolosa sfida del regime nei confronti dell’Hirak “giustificata” dalla legge – promulgata domenica dal ministero dell’interno – che vieta manifestazioni organizzate ad esclusione di quelle autorizzate dal governo con una precisa comunicazione riguardo a «inizio e fine percorso del corteo, orario e slogan utilizzati».

Le forze di sicurezza hanno schierato un numero impressionante di poliziotti in assetto antisommossa in tutti gli abituali luoghi di ritrovo, caricando subito i manifestanti che cercavano di cominciare le marce di protesta. Numerosi i video pubblicati dal Comitato nazionale di liberazione dei detenuti (Cnld) con scene di violenza, cariche e manganellate ad Algeri come a Constantine, Orano, Bejaia, Annaba, Sétif, Skikda, Tizi Ouzou e Bouira.

Said Salhi, vicepresidente della Lega algerina per la difesa dei diritti umani (Laddh), ha denunciato attraverso un post su Facebook, «una nuova escalation di violenza e repressione del regime nei confronti dell’Hirak», un movimento di protesta popolare e pacifico, indicando che nella sola giornata di venerdì sono stati arrestati «oltre 700 manifestanti insieme a giornalisti, avvocati, politici e leader di partito».
Reporters Sans Frontières (Rsf) riferisce che «sono almeno 30 i giornalisti bloccati, malmenati e arrestati dalla polizia». Cosa che ha impedito ai fotografi e ai reporter di svolgere il proprio lavoro e che spiega «la mancanza di informazioni dai social e dai quotidiani che normalmente seguono le proteste», con alcune aree del paese dove la connessione ad internet è stata interrotta per diverse ore.
Viene segnalato anche l’arresto di alcuni esponenti politici, successivamente rilasciati in tarda serata, come Mohcine Belabbas, leader del Raggruppamento per la cultura e la democrazia (Rcd), di Fethi Gheras del Movimento democratico e sociale (Mds) e di Dalia Taout, una delle storiche leader dell’Hirak recentemente liberata dopo diversi mesi di carcere.

«Continuare a dare priorità alla violenza durante questa dura fase di crisi economica e sociale, a meno di un mese dalle elezioni farsa del 12 giugno, mette in evidenza la mancanza di volontà di dialogo politico da parte di questo regime autoritario» ha dichiarato il segretario del Fronte delle Forze Socialiste (Ffs), Youcef Aouchiche, anche lui fermato per alcune ore. La portavoce dell’Alto Commissariato per i diritti umani (Hcdh), Marta Hurtado, ha invitato il governo algerino a porre fine a questa repressione: «Esortiamo le autorità algerine a smettere di usare la violenza per disperdere manifestazioni pacifiche e a porre fine agli arresti arbitrari e alla detenzione di persone che esercitano i loro diritti fondamentali alla libertà di opinione, espressione e manifestazioni pacifiche».