E’ l’area protetta più… sforbiciata d’Abruzzo. E’ stata istituita con legge regionale 54 del 13 luglio 1989. E, da allora, periodicamente, da destra e da sinistra, sono stati attuati vari ridimensionamenti.

E’ successo nel ’98, nel 2000 e nel 2011. Altri sono stati sventati. Attualmente il Parco naturale regionale del Sirente-Velino è di 54.361 ettari, ma non ha ancora trovato requie. Perché l’attuale giunta regionale, a trazione leghista, il 15 giugno scorso, ha dato vita e ha approvato un progetto di legge che revisiona i confini del Parco. A seguire la parola passerà al Consiglio.

Il taglio previsto è di 8 mila ettari e ridurrà la parte di territorio tutelato a 46.381 ettari.

Ma è levata di scudi, con gli ambientalisti che, compatti, schierati contro, hanno lanciato una petizione on line contro la «vergognosa riduzione» e per la salvaguardia della fauna. In breve sono state raccolte 80 mila firme.

E per il 24 luglio, a Rocca di Mezzo (L’Aquila), è previsto un sit in, organizzato dal neonato comitato «Salviamo il Parco Sirente -Velino» e al quale hanno aderito partiti, movimenti, comitati.

A SPONSORIZZARE la riperimetrazione è l’assessore salviniano Emanuele Imprudente, secondo cui si tratta di un provvedimento che «non incide sostanzialmente sulle peculiarità ambientali dei luoghi e che interessa quasi esclusivamente territori coltivati e centri abitati, andando incontro sia agli agricoltori che ai Comuni interessati in relazione all’emergenza dei danni da fauna selvatica (soprattutto cinghiali) e alle difficoltà connesse alla ricostruzione post-terremoto che trova rallentamenti procedurali legati alla presenza del Parco».

Si tratta di un’iniziativa – aggiunge – «frutto di un processo di partecipazione venuto dal basso, in quanto proposto con specifiche deliberazioni di Consiglio comunale e condiviso dall’intera comunità».

«LE MOTIVAZIONI addotte per il cattivo funzionamento del Parco – tuonano le associazioni Wwf, Italia Nostra, Cai, Lipu, Salviamo l’Orso, Ambiente e/è Vita, Mountain wilderness, Enpa, Altura e numerose altre – non vanno certo ricercate nei vincoli, per altro non così stringenti, piuttosto nella incapacità degli enti locali di gestirlo. La Regione poi ha sempre lesinato e ritardato i necessari finanziamenti, specie quelli per il ristoro dei danni prodotti dagli animali selvatici».

«Si tratta – aggiungono – di un territorio di grande valenza naturalistica e di fondamentale importanza per la biodiversità. Non si può più rimandare il suo rilancio: la Regione ne deve fare un luogo di eccellenza, un campo di sperimentazione, di riduzione dei conflitti con la popolazione attraverso la realizzazione di buone pratiche di gestione e interventi di promozione. Si doti finalmente il Parco di organi amministrativi, dato che è commissariato dal 2015, con figure competenti e con adeguati finanziamenti: si lavori con il territorio! Nella delibera regionale – si fa ancora presente – si afferma che “la modifica dei confini non incide sulle peculiarità ambientali e naturalistiche”, dato che ci sono “Zone speciali di conservazione (Zsc) e una Zona di protezione speciale (Zps)”. Quali sono gli studi, le evidenze scientifiche per affermare una tale assurdità? E soprattutto se nelle aree interessate dal taglio ci sono Siti di interesse comunitario, a suo tempo validati dal ministero dell’Ambiente e istituiti dall’Unione Europea, è evidente che sono presenti peculiarità da proteggere».

E poi, non va scordata, in questi posti, la presenza dell’orso bruno marsicano, specie che richiede la massima attenzione.

IL FORUM H2O osserva come, con la nuova perimetrazione, «il fiume Aterno ‘entra ed esce’ dal parco non sappiamo quante volte e addirittura fa da confine per alcuni tratti per cui una sponda è parco e l’altra no, alla faccia dell’ecologia. Grandiosa – rileva – la parte riguardante le gole di San Venanzio: un po’ parco, un po’ fuori e un po’ riserva naturale. Immaginate un turista che percorre un sentiero a settembre in una gola rocciosa…. Bello tranquillo cammina nella pace. Poi ad un tratto incappa in dieci cacciatori che sparano…”. “Gli effetti delle precedenti perimetrazioni – scrive Paola Morini, biologa, dell’Ufficio scientifico dell’Ente Parco – non hanno portato a migliorarne il funzionamento, né le risposte che il territorio, marginale, difficile, affetto da secoli da isolamento e spopolamento, chiede a gran voce, ossia sviluppo, crescita, occupazione”. Ventidue i piccoli centri presenti. “Il Parco – rammenta – è un caposaldo della rete ecologica regionale e costituisce un potenziale laboratorio per la sostenibilità… Numerosi studi specialistici lo hanno individuato come “Un ponte per la natura dell’Appennino”. E’ un’enorme ricchezza di valori, naturali e culturali, conservati. Tanti giovani artigiani, imprenditori legati al turismo, aziende di produzione e lavorazione di prodotti locali hanno compreso, come anche alcuni amministratori illuminati, che l’offerta green è la via del futuro. Ma – riflette – sono tante le carenze alle quali è necessario dare riscontro. E non è il Parco che può costruire le scuole, aumentare la rete del trasporto pubblico, il servizio sanitario, la copertura della rete e la connessione a internet».

«Scelta scellerata – afferma Enrico Perilli, di Sinistra italiana L’Aquila – che tenta di nascondere l’incapacità della Regione. Uno scempio da evitare con la mobilitazione. Il Parco va potenziato, non ridotto. Il futuro dell’Abruzzo passa attraverso la valorizzazione delle sue meraviglie naturali e dei suoi borghi».

Contro anche i 5Stelle, con il consigliere regionale Giorgio Fedele che si scaglia contro la gestione superficiale dell’area, con «burocrazia infinita che porta a una inaccettabile forma di immobilismo».

Rifondazione comunista con una nota firmata da Marco Fars, Silvano Di Pirro e Maurizio Acerbo, ribadisce che «si continua ad intervenire con tagli arbitrari e clientelari. Lo aveva fatto il “centrosinistro” con una pessima iniziativa dell’allora assessore Stefania Pezzopane, poi il centrodestra di Chiodi (tentativo bloccato nel 2013). Ci aveva riprovato l’assessore Donato Di Matteo con la giunta D’Alfonso. La proposta di riduzione del Parco soprattutto nella Valle Subequana ma anche sull’Altopiano delle Rocche, è irricevibile. Una riperimetrazione volta ad accontentare gli appetiti di doppiette e cementificatori. Nel frattempo – dice – la ex giunta di centrosinistra ha previsto la costruzione nel cuore del Parco di tre nuovi impianti di risalita e di sette piste per lo sci, con 12,8 milioni di euro di fondi pubblici. Una follia in tempo di cambiamenti climatici». Inoltrato ricorso al Tar.