Il Pride a Verona si fa intersezionale per scardinare i punti in cui omofobia, fascismo, sessismo e razzismo si incontrano, mostrando la loro alleanza. La consapevolezza è che nessuno di questi processi agisce indipendentemente dagli altri, e che non ci sono processi di liberazione che possano affrontare singolarmente queste repressioni. Un Pride antifascista, antisessista e antirazzista, dunque, organizzato dal circolo Pink, da Non Una di Meno, da Arcigay Pianeta Milk – Verona, dall’Arci e con il sostegno del collettivo antifascista Suburban. Senza sponsor e senza padroni, dicono dal microfono, ma attraverso l’alleanza di chi lavora con un’attenzione specifica sulle differenti forme di oppressione.

Decine di richiedenti asilo gay, lesbiche (e non solo) provenienti dall’Africa tengono lo striscione principale. E i cartelli arcobaleno chiedono «più diritti meno fascisti», «più frustini meno Salvini». «Manifestare ai Pride è ormai una consuetudine, ma nella cosiddetta città dell’amore assume un valore che va oltre la partecipazione ad una festa: qui le destre non si sono fermate, anzi hanno continuato nella loro opera di fascistizzazione della città», dicono dal furgone. E ancora: «Il sindaco Sboarina, lo stesso che ha ospitato in città il Congresso Mondiale delle Famiglie, come nulla fosse il 25 aprile si è presentato alle cerimonie celebrative parlando di pacificazione. Nel frattempo Andrea Bacciga, consigliere comunale di maggioranza che ha salutato le femministe di Non Una Di Meno in aula con il braccio teso, ha proposto che vengano ridotti i fondi proprio per l’organizzazione del 25 aprile, e che magari quei soldi vengano dati ad amici suoi, come già accaduto.

Lo stesso Bacciga, con l’assessore all’Istruzione, sta portando in tutte le scuole superiori di Verona un libricino sull’uccisione di Sergio Ramelli, un’operazione politica di chiara intenzione propagandistica». Ma l’elenco è lungo: solo negli ultimi giorni in provincia di Verona c’è stato l’ennesimo concerto-raduno neonazista, con tanto di concessione di spazio comunale, ed è stata approvata una mozione per dedicare una via a Giorgio Almirante. A Verona, poi, spesso definita laboratorio dell’estrema destra, è ancora valida una del 1995 contro le persone gay, lesbiche e trans, approvata senza recepire le regolamentazioni europee varate nel 1994. Verona è anche la prima città che ha voluto dichiararsi «a favore della vita», impegnando il sindaco e la giunta a finanziare con soldi pubblici associazioni legate ai movimenti antiabortisti.

Nel febbraio del 2017, poi, è stato accolto il “Bus per la Libertà”, cioè un pullman con la scritta «Non confondete l’identità sessuale dei bambini» ed è stato organizzato il primo “Festival per la Vita” in Gran Guardia da un’organizzazione che si chiama Pro Vita e che ha diversi legami con Forza Nuova. «Qui non serve inventarsi cose da fare, perché l’amministrazione comunale dà sempre nuovi stimoli per essere in piazza. E la città è purtroppo la punta di diamante di una politica nazionale. Più che “la città dell’amore”, Verona assomiglia sempre più ad una “città dell’odio” verso la diversità», spiega Gianni Zardini del Circolo Pink, che lavora con le persone migranti Lgbtqi. E Laura Pesce, presidente di Arcigay Pianeta Milk Verona: «In questi giorni ci siamo sentite e sentiti dire che manifestare a Verona non serve e invece dopo l’invasione della Città Transfemminista organizzata da Non Una di Meno contro il Congresso Mondiale delle Famiglie pensiamo sia necessario scendere per le strade per continuare a risignificarle. Vogliamo un paese più gentile e inclusivo verso tutte le diversità e le cosiddette minoranze». Alla manifestazione almeno 4 mila persone, per gli organizzatori, molte e molti studenti, le associazioni Lgbtqi, le femministe di Non Una di Meno Verona e di alcune città vicine. E c’è Stuart Milk, nipote di Harvey Milk, primo eletto delle istituzioni statunitensi dichiaratamente gay, e co-fondatore e presidente della fondazione intitolata allo zio. «Noi del mondo Lgbtqi, dell’antifascismo, del femminismo e della società civile antirazzista, sentiamo la fortissima esigenza di respirare un’aria nuova: più libera, e meno repressiva. Soprattutto a Verona».