mobilità orizzontale per i lavoratori. Ad un anno dai soliti annunci, i due caposaldi della politica del governo Renzi in fatto di pubblica amministrazione mostrano i loro ritardi, problemi e ambiguità. Tutti trasferiti sulla pelle dei lavoratori.

Se sabato Cgil, Cisl e Uil terranno a Roma una manifestazione nazionale dei lavoratori delle Province (ore 10, piazza Santi Apostoli con la presenza di Susanna Camusso) per denunciare «il caos della non-riforma», nel frattempo il governo cerca di accelerare sulla mobilità a 50 chilometri prevista dal decreto Madia della scorsa estate, tutta ancora sulla carta. A 8 mesi dall’approvazione definitiva, nessun lavoratore è stato spostato: solo un apposito bando per «mobilità volontaria» nel comparto giustizia ha incentivato 1.031 operatori del settore a trasferirsi.

Ad oggi oltre 20mila lavoratori delle Province sono ancora nel limbo: la legge di stabilità ha tagliato i fondi del 50 per cento (25 per cento per le città metropolitane) ma nessuno di loro sa dove, come e perché si sposterà. Se le occupazioni di molte sedi a fine anno hanno portato a «sventare l’immediatezza degli esuberi ed ottenere la proroga dei contratti precari», il caos non è per niente sopito. Secondo il protocollo Delrio le Regioni dovevano approvare leggi per prevedere quali funzioni e personale delle Province assorbire. Per ora solo 4 su 20 lo hanno fatto.

«A tre mesi esatti dagli annunci trionfalistici del governo – denunciano in una nota unitaria Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Fpl – la situazione delle Province e delle Città metropolitane è semplicemente in stallo, ben al di là delle nostre peggiori previsioni. L’11 aprile spiegheremo al governo e alle Regioni come sia ancora possibile fare una riforma vera che garantisca occupazione e servizi di qualità ai cittadini. La smettano di fare il gioco dello struzzo e – concludono Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Fpl – tirino la testa fuori dalla sabbia».

Ora il ministero guidato da Marianna Madia ha deciso di «cambiare marcia» anche sulla mobilità. Per farlo sta predisponendo il decreto ministeriale sulle «tabelle di equiparazione propeduetiche ad attivare la mobilità fra amministrazioni pubbliche». Si tratta di stabilire una relazione fra gli inquadramenti nei vari settori.

Ma così facendo il criterio per spostare un lavoratore rischia di essere solamente quello di una «prossimità salariale fra due posizioni – ad esempio una segretaria negli enti locali con una posizione similare in una azienda di unità sanitaria locale – con l’ulteriore beffa di prevedere che la eventuale differenza di salario, dovuta ad esempio alla parte accessoria (premi, straordinari, festivi, indennità) sia regolata con un assegno ad personam che andrebbe però ad assorbire i prossimi aumenti salariali – spiega Federico Bozzanca, segretario nazionale della Fp Cgil – senza tenere assolutamente in conto la professionalità acquisita dal lavoratore nell’impiego precedente».

L’accelerazione governativa poi deve fare i conti con inusuali aspetti formali. La tabella di equiparazione infatti è uno dei pochi casi in cui questo governo deve tenere in conto il parere dei sindacati, che naturalmente stanno protestando. «Il ministro Madia vuole portare il testo alla Conferenza Stato regioni entro metà aprile, ma noi chiediamo forti modifiche, vogliamo discutere i criteri perché la mobilità non si può fare senza un progetto complessivo di riorganizzazione della pubblica amministrazione», continua Bozzanca.

L’ultima perla del ministero della Pubblica amministrazione riguarda infine il modulo per la «Ricognizione dei posti da destinare alla ricollocazione del personale coinvolto nei processi di mobilità», pubblicato sul sito. Ogni amministrazione pubblica che avesse necessità di personale deve compilarlo. Ma i problemi non mancano: la legge di stabilità prevede lo stop alle assunzioni fino al 2016 con sole due deroghe: assunzioni di vincitori di concorso e mobilità di dipendenti delle (abolende) Province. «Parecchi Comuni però hanno pubblicato bandi senza prevedere la riserva per queste due categorie», chiude Bozzanca.