Tra rifugiati e richiedenti asilo, sono circa millecinquecento le persone attualmente ospitate in Sardegna all’interno dei centri di prima accoglienza. La situazione al momento è di affannosa gestione dell’emergenza.
Le prefetture si sono attivate con i comuni per trovare soluzioni che nell’immediato garantiscano alla quota di migranti che è stata assegnata all’isola un alloggio, i pasti giornalieri e l’assistenza sanitaria di base. Una situazione che non sempre porta a soluzioni ottimali e che per gli amministratori locali comporta anche problemi di gestione del consenso.
Che l’impreparazione, in Sardegna come nel resto d’Italia, comporti spesso soluzioni frettolose lo si è visto, ad esempio, a Sassari, dove pure la quota stabilita è appena di settanta persone, in gran parte provenienti dai paesi dell’Africa sub sahariana.
Una parte di questi migranti, sistemati in locali di fortuna a Palmadula, una frazione di Sassari in aperta campagna, hanno protestato per la sistemazione ai limiti della sopportabilità, si sono asserragliati nel pullman che li aveva portati sin lì e, per una giornata intera, si sono rifiutati di scendere.
Hanno ceduto soltanto quando il prefetto ha promesso che quella sarebbe stata una sistemazione per poche settimane, in attesa di trovare di meglio.
Non sono mancati poi gli episodi di intolleranza razziale. Come quello avvenuto pochi giorni fa. Vittime alcuni giovani africani, ospitati a Sassari in una struttura di prima accoglienza ricavata negli uffici di una concessionaria d’auto dismessa. Dall’autista di un pullman dell’Arst (l’azienda di trasporti gestita dalla Regione Sardegna) in servizio sulla linea Sassari-Alghero, al quale avevano chiesto di scendere prima della fermata regolamentare, i ragazzi si sono sentiti rispondere: «Negri di merda, siete dei bastardi, dovete morire». Il tutto tra lo sconcerto degli altri passeggeri, che quando gli insulti dell’autista sono diventati insopportabili non hanno esitato a prendere le difese dei migranti.
Una donna ha segnalato l’episodio per iscritto ai vertici dell’azienda di trasporto. «Fatti del genere sono intollerabili – ha risposto l’Arst – Studieremo le misure da prendere». Tutto è accaduto intorno alle 8.30 del mattino di mercoledì scorso: «Arrivati ad Alghero – racconta la donna che ha sollecitato l’intervento dei vertici dell’Arst – alcuni ragazzi si sono avvicinati all’autista per chiedergli di poter scendere prima della fermata regolamentare. E improvvisamente ho assistito a una delle scene più tristi e vergognose che mi siano mai capitate: l’autista ha iniziato a inveire contro i due ragazzi urlando parole come “negri di merda” e altri insulti molto pesanti».
Episodi che fotografano una situazione di primo intervento gestita spesso con approssimazione. Da una parte, associazioni di volontariato (tante e combattive) che si mobilitano per fare il possibile, ma senza poter contare su un serio quadro di programmazione e, soprattutto, di coordinamento degli interventi. Dall’altra, atteggiamenti di chiusura, come quello del comitato di borgata di Fertilia, una frazione di Alghero, che tre giorni fa si è schierato contro la sistemazione dei migranti in un vecchio albergo in disuso acquisito al patrimonio comunale.
E poi c’è il fatto che bisognerebbe cominciare a pensare di andare oltre la gestione dell’emergenza, come ha denunciato nei giorni scorsi, per la Giornata mondiale del rifugiato, Stella Deiana, responsabile per la provincia di Cagliari del progetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati).
Gestito dal ministero degli Interni, il progetto fornisce interventi di accoglienza che superano la sola distribuzione di vitto e alloggio: prevede misure di informazione, assistenza, orientamento e la costruzione di percorsi individuali di inserimento sociale ed economico.
Nei giorni scorsi, su richiesta delle Regioni, il ministero degli Interni ha rifinanziato i bandi Sprar. «I fondi non sono quelli che sarebbero necessari, tuttavia è comunque un passo in avanti – commenta Stella Deiana – Al di là dell’emergenza di queste settimane, c’è un enorme problema di inserimento futuro dei migranti. Pochi ne parlano, ma questa è la vera sfida».