Un decreto legge per posticipare la prima rata Imu al 16 settembre, stanziare un miliardo di euro per la cig, tagliare lo stipendio ai ministri-parlamentari. Sono stati questi i nodi in discussione ieri al consiglio dei ministri. Il decreto, però, non arriverà prima della settimana prossima, forse mercoledì. Prima della seduta, il presidente del consiglio Enrico Letta aveva incontrato il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni e il vicepremier e titolare dell’Interno, Angelino Alfano. Alla fine dell’incontro si sarebbe raggiunto «l’accordo politico» su Imu e Cig, ma si è deciso di non varare subito il provvedimento: il governo preferisce aspettare la settimana prossima, per approfondire alcuni «dettagli» e «modalità di intervento» (riferiscono fonti interne). Ovvio che, soprattutto la tassa sulla casa, resta ancora il terreno di maggiori frizioni.

Silvio Berlusconi ha cantato vittoria, incassando il rinvio della tassa al centro della sua campagna elettorale: «Una grande vittoria, ma non basta – ha spiegato il Cavaliere – Sono felice che il consiglio dei ministri come suo primo decreto abbia bloccato il pagamento della rata Imu di giugno: lo stop avverrà nei prossimi giorni». Ora, dice l’ex premier, servono altre mosse: «Servono con urgenza altri provvedimento come il rifinanziamento della cassa integrazione, la revisione dei metodi di Equitalia con l’abbandono dei metodi di riscossione violenti e la confisca della prima casa, dei terreni agricoli. E poi la riforma del fisco per arrivare in 5 anni ad abolire l’Irap e con un taglio del 2% all’anno sugli 800 miliardi del costo della macchina dello Stato, l’introduzione del quoziente familiare».

Berlusconi infine rilancia la sua proposta originaria, quella della restituzione dell’Imu 2012: «Abbiamo pensato anche alla restituzione dell’Imu e vorremmo che il governo lo facesse per un atto di riappacificazione tra lo Stato e i suoi cittadini».

Prima dell’arrivo del decreto, ci sono almeno due tappe politiche importanti (perlomeno quelle pubbliche): domenica Letta riunisce tutto il governo nell’abbazia di Spineto della Luce, a Sarteano (in provincia di Siena). E Saccomanni ieri sera anticipava che una chiusura – nel senso di un accordo definitivo, non certo del decreto in senso tecnico – potrebbe arrivare «già da questo ritiro spirituale». Secondo «step» (ma in realtà cronologicamente precedente): questa mattina, alle 8,30, è previsto un vertice di maggioranza a Palazzo Chigi. Il premier, affiancato dal ministro dell’Economia Saccomanni, dal vicepremier Alfano e dal titolare dei Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, incontrerà i capigruppo della maggioranza, per discutere l’agenda delle prossime mosse dell’esecutivo. Da aggiungere infine che domani è prevista l’Assemblea nazionale del Pd che dovrà scegliere il reggente del partito in vista del Congresso: ma quest’ultimo evento probabilmente non influirà sul destino di Imu e Cig.

Il decreto varrebbe un miliardo: questa è infatti la somma prevista per rifinanziare la cassa integrazione in deroga. Il rinvio dell’Imu, viceversa, tecnicamente non avrebbe bisogno di copertura, visto che si tratta solo di una proroga a settembre della rata di giugno solo sulla prima casa (due miliardi): fino a fine anno, quando è fissato il saldo, ci sarà tempo per rimediare. La copertura per la Cig sarebbe garantita per metà dalle risorse per la detassazione dei contratti di produttività e per l’altra metà da fondi comunitari ancora disponibili. In particolare, i fondi saranno disponibili per Puglia, Campania, Calabria e Sicilia, le quattro regioni meridionali che hanno il più elevato numero di ore utilizzate di cig in deroga.

Ma sul fronte Cig è arrivato l’allarme dei sindacati: in particolare la Cgil, sostenuta dalla Uil, spiega che la soluzione «non sta solo nella cig in deroga: sono da finanziare ugualmente la mobilità in deroga e i contratti di solidarietà». Camusso, dopo che ieri Letta aveva presenziato all’assemblea di Rete imprese per l’Italia,ha sollecitato il governo a «incontrare anche i sindacati». Quanto all’Imu, come detto, il rinvio è quasi a costo zero: in realtà, essendo riferito solo alle prime case, varrebbe 2 miliardi, ma il saldo è appunto rinviato a fine anno, quindi tre mesi di rinvio non creano sofferenze di cassa. I Comuni verranno comunque subito compensati con anticipi dal Tesoro e dalla Cassa depositi e prestiti.