L’abolizione della rata di giugno dell’Imu costerà due miliardi di euro e sarà ordinata dal governo entro il 30 agosto per non fare scattare la clausola di salvaguardia. La rata successiva della tassa sulla prima casa, prevista a dicembre, potrà essere evitata sostituendo l’Imu con una nuova imposta federale, la cosiddetta «Service tax».

Lo ha sostenuto ieri il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta. Ma in realtà la sua non è la parola decisiva per risolvere il rebus dell’Imu. A partire dall’importo: «comporterà una spesa di 2,4 miliardi di euro». Ma il governo ha bisogno di più soldi che non sa ancora dove trovare. Serve infatti un miliardo per per evitare l’aumento dell’Iva. Poi dovrà trovare i soldi per l’abolizione della maggioranzione della Tares di 30 centesimi a metro quadro disposta da Monti (un altro miliardo) senza contare gli esodati che il ministro del lavoro Enrico Giovannini ieri ha quantificato in «20-30 mila». Senza contare il cunero fiscale sul lavoro. Per Baretta il modo più equo per rispettare l’impegno che il governo ha sottoscritto con Berlusconi e il Pdl – l’abolizione dell’Imu senza se e senza ma – è l’introduzione anticipata della «Service Tax», cioè la tassa che ingloba Imu e Tares.

Baretta la fa semplice: «potremo non far pagare la rata di giugno dell’Imu con una copertura di 2 miliardi, dopo di che arriverà la nuova tassa. Sono interventi che dovranno essere finanziati con una seria spending review». Quindi con un’operazione che richiede del tempo, non ancora meglio specificato, mentre i soldi servono subito. Baretta conferma: «Questi interventi richiedono stanziamenti che superano le disponibilità del bilancio 2013. La politica deve scegliere: per me le priorità sono le questioni del lavoro, Cig e esodati e l’Imu. Il resto si vedrà».

A stretto giro ha risposto l’implacabile Renato Brunetta, il guardiano del verbo berlusconiano sull’Imu. E le cose per il governo si sono fatte subito più complicate. «Il sottosegretario Baretta propone di dimezzare lo sgravio totale di tasse sugli immobili per 4 miliardi – ha detto – Ma 2,4 miliardi non bastano per assicurare l’esenzione della prima casa e dei terreni e fabbricati agricoli dall’Imu ed evitare la maggiorazione sulla Tares».
In effetti, i conti non tornano e il governo sembra procedere a spanne. Brunetta torna all’attacco del ministro dell’Economia Saccomanni, il suo bersaglio preferito: «Sappiamo che l’ipotesi di Baretta è quella preferita dagli uffici tecnici del ministero. A questi uffici ricordo che il loro compito non è decidere ma trovare le risorse per implementare le decisioni prese dalla politica». Una politica che sta per fare uno dei pasticci più clamorosi della sua epoca di austerity. È l’idea che si è fatta Enrico Zanetti, responsabile per il fisco di Scelta Civica, la terza gamba delle «larghe intese».

Le incognite sono infatti innumerevoli. Basta citarne due: nel 2013 l’Imu sulla prima casa non si pagherà affatto oppure solo per metà? E ancora: qualora fosse abolita l’Imu, si pagherà ancora una tassa sulla prima casa nel 2014? Il mistero è fittissimo e né Brunetta né i suoi antagonisti al ministero dell’Economia, tecnici e non tecnici, lo hanno chiarito. Nel dossier sull’Imu diffuso dal Mef il 7 agosto scorso, dove venivano elencate ben nove soluzioni al rebus – tanto per semplificare lo stallo politico del governo ricattato da Berlusconi – viene comunque confermata l’idea della «Service tax» che comporta tasse più alte sui rifiuti in modo tale da appianare il «buco» creato dall’abolizione dell’Imu. I comuni dovranno fare gli esattori scegliendo il modo per modularla.

In un modo, o nell’altro, l’importo corrispondente all’Imu attuale resterà in vita sotto altre spoglie. E l’importante che non sia il govern, ma i comuni, a riscuoterla sotto forma di «Service Tax». Altrimenti Brunetta fischierà il fallo chiedendo all’arbitro di sospendere la partita del governo. In ballo resta sempre una manovra straordinaria. Tutti per il momento l’hanno esclusa. Le larghe intese rischiano di aumentare le tasse. Un fallo da rigore.