La guerra vera tra India e Pakistan, per ora, forse non si farà. Ma la tensione rimane alta e il conflitto di bassa intensità, che da decenni caratterizza ormai la «guerra fredda» tra i due colossi asiatici nati dalla Partition dell’India britannica, continua. Quando nella notte tra venerdì e sabato le autorità pachistane hanno restituito il pilota indiano Abhinandan Varthaman, catturato nell’Azad Kashmir (l’area kashmira controllata da Islamabad), alle autorità indiane di frontiera, la tensione innescata dal raid di Delhi del 26 febbraio si è improvvisamente raffreddata.

E IL GESTO DI BUONA VOLONTÀ del Pakistan sembra aver offerto una via d’uscita per interrompere l’escalation di botta e risposta che avrebbe (e ancora potrebbe) portare a un conflitto. La prudenza resta d’obbligo.

I due eserciti hanno infatti ricominciato il gioco delle artiglierie dall’una e dall’altra parte della LoC, la Linea di Controllo che divide la regione disputata dai due Paesi: quella più piccola e quasi disabitata del Pakistan, e il fertile giardino del Kashmir sotto amministrazione indiana. Islamabad lamentava ieri pomeriggio due soldati e due civili uccisi e almeno altri tre feriti. Da parte sua l’India accusava il Pakistan di cannoneggiare aree civili del Kashmir indiano da cinque giorni.

PALLOTTOLE VERE con esagerazioni e propaganda? Fuochi d’artificio per far vedere che non si molla? Tutte le cose assieme ma i bollettini di ieri, se possono sembrar una coda delle tensioni dei giorni scorsi o l’avanguardia di nuove, sono anche l’ordinaria amministrazione del Kashmir diviso dalla LoC. Cui vanno aggiunte manifestazioni su base settimanale contro quella che per molti kashmiri (in maggioranza musulmani) è una «occupazione» che produce vittime. Tra cui la verità.

Se la guerra calda si allontana, e se la guerra fredda rituale torna a far rullare i suoi tamburi, chi l’ha vinta la «guerra tiepida» che ha tenuto il mondo col fiato sospeso? Due Paesi con l’arma nucleare e armati fino ai denti (da americani, cinesi, israeliani, europei) si guardano dal 1947 in cagnesco. Hanno già combattuto tre guerre (due per il Kashmir e una quando nacque il Bangladesh) e sono stati sull’orlo di una quarta qualche anno fa: mettono paura quando alzano i toni.

Quando dal rimpallo diplomatico con mille forme (diplomazia del cricket, della ferrovia o degli autobus transfrontalieri) si passa alle bombe, la preoccupazione è più che motivata. Ma in realtà, sostengono molti osservatori, nessuno la guerra la voleva veramente.

E SE NARENDRA MODI – che non poteva tollerare la strage di Pulwana del 14 febbraio con 42 paramilitari indiani uccisi dai terroristi di Jaesh-e Mohamad – ha vinto la partita interna, a un pugno di giorni delle elezioni e accogliendo il pilota come un eroe simbolo della capitolazione pachistana, la guerra vera l’ha vinta Islamabad. O meglio il suo nuovo leader, quell’Imran Khan, ex giocatore di cricket, che sembrava un parvenue della politica ostaggio dei militari.

È lui che nell’arena internazionale giganteggia. È lui che, consegnando il pilota, offre la via d’uscita per evitare l’escalation. È stato abile: l’India colpisce in territorio pachistano? Il Pakistan risponde ma solo bombardando oltre la LoC, non nell’India propriamente detta. L’India risponde mandando gli aerei?

IL PAKISTAN RISPONDE e abbatte ma rilascia il prigioniero. Imran Khan ha saputo tenere a freno i suoi generali assai più di Modi che ne rimane forse in parte ostaggio. Ora si tratta di vedere come va la partita. Ma finora la partita – anche perché resta da dimostrare che l’India abbia davvero colpito i campi di addestramento dei terroristi e non solo capre e pietre – segna un punto per Modi e due per Imran.

Un ex diplomatico indiano ha suggerito al corrispondente dall’India della Bbc – Soutik Biswas – che Imran ha spiazzato con una sorta di imprevedibile reverse swing, o oscillazione inversa, che nel cricket è l’arte di lanciare la palla giocando sulle sue oscillazioni per ingannare il battitore. Imran sembra averla lanciata con l’oscillazione giusta.