«Una visita storica» l’ha definita il presidente afghano Ashraf Ghani mentre faceva gli onori di casa al primo ministro pachistano. La prima visita in Afghanistan di Imran Khan dal suo insediamento, nell’agosto 2018, serve al processo di pace.

DOPO L’ACCORDO del 29 febbraio 2020 tra Usa e Talebani, per il quale Islamabad ha rivendicato la sua centralità, dal 12 settembre i Talebani siedono al tavolo negoziale di Doha con i rappresentanti del «fronte repubblicano» di Kabul. Ma i colloqui sono in stallo sull’agenda e sulle procedure da seguire.

La visita di Imran Khan dovrebbe servire ad accelerare i tempi, così si augura Ghani: «Notiamo con sconcerto che, nonostante i colloqui di Doha, il livello di violenza sta crescendo – ha dichiarato Khan ai giornalisti – Il Pakistan farà tutto ciò che è possibile per aiutare a ridurre la violenza e spingere verso un cessate il fuoco».

Mentre il 7 novembre, subito dopo la notizia della vittoria di Joe Biden, aveva dichiarato: «Continueremo a lavorare con gli Stati uniti per la pace in Afghanistan e nella regione». Ma il rapporto tra Islamabad e i Talebani afghani è molto più complicato di quanto sembri. E Imran Khan ha anche diverse grane domestiche di cui occuparsi.

PER GIORNI I MEMBRI del partito radicale Tehreek-e-Labbaik Pakistan (Tlp) hanno manifestato per strada contro le parole del presidente francese Macron su Islam e democrazia. Le proteste si sono interrotte solo in seguito a un accordo raggiunto martedì: Imran Khan ha assicurato ai manifestanti che la proposta di espellere l’ambasciatore francese dal Pakistan verrà portata al Parlamento entro un paio di mesi, che i prodotti francesi verranno boicottati e che i manifestanti arrestati verranno rilasciati. Il vecchio leader del Tlp, Khadim Hussain Rizvi, è morto ieri, ma i simpatizzanti aspettano che il primo ministro mantenga le promesse.