La tavolozza lasciata a impolverarsi in un lato dello studio e invece, in mano, un grande paio di forbici. È così che immaginiamo l’ultimo Matisse. Vuoi per una malattia debilitante che gli negò i movimenti fisici necessari alla pittura libera, vuoi per pura scelta stilistica, quel Matisse che poi fece confluire i suoi lavori in uno dei libri più belli che ricordi la storia dell’arte, Jazz (edito dal raffinato Tériade nel 1947), amava ritagliare le sagome di corpi, stelle e alghe e poi immergerle in blu elettrici o in mezzo a forme vegetali. I papier découpé nascevano dalla tempera data allegramente sui fogli e poi diventavano silhouettes brillanti, spesso perse nell’atmosfera, svolazzanti.
Si può «rifare» oggi un libro così? No di certo: quella magia non è possibile riviverla, ma ci si può andare vicino. Almeno ripercorrendo la strada che ha condotto a quella gioia per gli occhi e per la mente. Ci ha provato, in Italia, Fatatrac, marchio di Edizioni del Borgo (gruppo Giunti) che ha inaugurato la sua collaborazione con la casa editrice del MoMA di New York. Due gli albi illustrati all’attivo dopo il «patto di ferro» stretto: il primo, è proprio Il giardino di Matisse, scritto da Samantha Friedman, assistente curatrice al museo d’arte contemporanea americano e illustrato da Cristina Amodeo (nata nel 1986 a Verbania, vive e lavora a Milano). Il secondo, previsto in uscita a marzo, sarà La piccola Charlotte.

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Marchio doppio dunque e in pagina finiscono i mondi effervescenti dell’artista francese, dai mari polinesiani, scandagliati durante un viaggio a Tahiti, all’azzurro del cielo attraversato dagli uccelli che migrano verso terre lontane dall’Europa. Foglie, rami, coralli e qualche volta, esseri umani distesi o seduti (ma anche danzanti) vengono disseminati prima sulle pareti dell’atelier di Matisse, poi, moltissimi anni dopo, planano in questo albo per bambini.

La storia comincia dalla solitudine di un uccellino bianco. «Aveva una forma semplice, ma gli piaceva così tanto che decise di non gettarlo via. L’attaccò allora a una parete del suo appartamento per nascondere una macchia», scrive Friedman. Il pittore (che, tra l’altro, venne immortalato da Henri Cartier Bresson proprio vicino a una gabbia con colombe candide) non tardò a trovargli la giusta compagnia. Per pennello continuò a usare le forbici e sperimentò tutti i colori, basta sapere «come stanno insieme», diceva.

Il volume è stato ideato dal MoMA in occasione della mostra Henri Matisse: the cut-outs: al suo interno presenta otto riproduzioni di altrettanti originali dell’autore, selezionati tra quelli esposti al museo nei giorni dell’esposizione. Il libro è un’improvvisazione continua, una vera musica. E non solo «jazz».