Sulla qualità del cinema di Benoit Délepine e Gustave Kervern non c’è consenso. La comicità sottoproletaria e un po’ punk della coppia belga inebria gli uni e fa storcere il naso agli altri, chi li considera radicali da un lato e chi invece li trova cinici, per non dire opportunisti. In queste pagine, abbiamo elogiato il loro Louise-Michel (2008), in cui Yolande Moreau (Louise) e Bouli Lanners (Michel) s’imbarcavano in un’avventura dai toni picareschi col nobile intento di ammazzare un padrone. Nonostante il titolo, l’avventura si ripete in Imprevisti digitali. Anche qui, un uomo e una donna intraprendono un viaggio cavalleresco per affrontare un mulino a vento, che non è un padrone novecentesco, ma un ben più astratto moloch contemporaneo.

QUANDO CAPISCONO che la loro vita è stata devastata e spogliata da internet, Marie (Blanche Gardin) e Bernard (Denis Podalydès) decidono di dare l’assalto ai data center di Dublino e di San Francisco. Programma bislacco, ma al film vanno riconosciute due cose. La prima è di accumulare una serie di osservazioni piuttosto sagaci sulla Francia delle case unifamiliari.

Questo modello che si è sviluppato negli ultimi trent’anni deturpando l’ambiente peri-urbano, inaridendo i centri storici e creando un popolo senza società, i cui pochi punti di riferimento (il centro commerciale, l’ufficio delle poste, il posto di lavoro) stanno sparendo, fagocitati dall’economia delle consegne a domicilio. Temi noti, già visti, affrontati dalla cronaca e da diversi film e a cui i Gilet Jaunes hanno dato visibilità attraverso la loro lotta. La battaglia è forse persa (per ora), ma il movimento li ha riuniti – come i tre eroi del film che, pur essendo vicini da anni, si sono conosciuti solo sulla rotonda occupata. A questi temi, se ne aggiungono altri, a cominciare dall’uso e abuso della vita privata.

Ogni volta che si ubriaca, Marie si fa filmare da partner sessuali che poi la ricattano. Anche questo non è un tema nuovo. Semmai quello che è nuovo e interessante nel film è la capacità di metterli insieme e farli filare come un discorso unico: il tema sociale, economico, morale… tutto dentro quello che ha l’apparenza di un film e sottopelle funziona come un monologo di Stand up. Non a caso, gli autori hanno deciso di dare il ruolo di Marie alla più talentuosa comica francese, Blanche Gardin.

L’ATTUALITÀ dà ragione al film, ma in maniera paradossale. Le sorti delle classi popolari, a cui internet sgretola la vita sociale a tutti i livelli, per poi rivendergliela con un’app non inteneriscono nessuno. Il dibattito pubblico invece è sempre scosso dagli schizzi di fango che occasionalmente sporcano i pantaloni della classe dominante. Ma alle persone, private del salario, del futuro, del diritto di esprimersi e di manifestare, il film offre un po’ di visibilità e soprattutto un sorriso. Come diceva un vecchio slogan anarchico, rivolto ai padroni: « Una risata vi seppellirà ». E non sarà mai troppo tardi.