Gli utenti di Instagram sono oggetto del processo di scambio, che riproduce l’eterno presente, il flusso incontrollato, con l’obiettivo di moltiplicare la felicità. Il social organizza le relazioni tra individui e merci, abbatte il confine già indistinto tra lavoro e tempo libero. Gli influencer sono merci e individui insieme, persone che scelgono di essere brand; chi paga non è più proprietario del tempo di chi è pagato e forse si tratta dell’avanguardia che anticipa la sparizione del lavoro salariato come lo abbiamo conosciuto dalla rivoluzione industriale in poi.

UN TESTIMONIAL deve essere famoso ed è associato a un solo brand, un influencer può non esserlo, anzi pubblicizza sé stesso. Può anche decidere di sponsorizzare qualcosa per il quale non è stato ancora remunerato e può costruire il riconoscimento a pagamento, comprando follower.
Paolo Landi, esperto consulente di marketing, nel suo elegante testo Instagram al tramonto (La Nave di Teseo, pp. 99, euro 12) analizza il successo di Instagram con sguardo disincantato e piuttosto pessimista. Vi si descrive l’istantaneo appagamento e l’illusione del presente che identifica gli utenti del social delle immagini. Il carattere immediato e insieme fuggevole delle storie Instagram fa pensare alle tracce che il vissuto lascia nell’inconscio e che, pur non potendo più essere direttamente accessibili, determinano il trauma. Landi illustra la dimensione commerciale e la regressione degli stili di consumo, come soddisfazione pulsionale immediata, emotiva.
Nel social si mettono a valore intimità, opinioni, affetti, in cambio di apprezzamenti. Siamo oltre il modello della pubblicità tradizionale, dove un noto marchio di carte di credito affermava ancora che ci sono cose che non hanno prezzo. Si abbatte ogni confine tra dimensione commerciale e sentimenti, emozioni, ideali. Tutto è quantificabile e misurabile.

ANCHE NEL RAPPORTO con le élite tradizionali, Instagram riveste un ruolo ambivalente per Landi. Ognuno può accedere o atteggiarsi a scegliere consumi elitari, ma le differenze di classe si ripropongono in forme nuove, non meno dolorose. Gli influencer non hanno qualità come i testimonial, ma solo quantità, intesa come numeri di follower. Narcisismo e autodeterminazione nel consumo governano il social, ma si dimentica che, sebbene faccia parte della vita, il consumo non la esaurisce. Promuove individui che si costituiscono, identificandosi nella tribù, ma mentre aspirano a divenire soggetti, vengono asserviti dal sistema di omologazione.
Instagram è qui descritto come un grande ipermercato commerciale che finge di essere altro, mentre realizza il legame indissolubile tra astrattezza delle immagini e concretezza delle merci. Manda in crisi, cioè, quell’assunto dell’arte incarnato dal dipinto di Magritte, Ceci n’est pas une pipe, sul tradimento delle immagini, che rappresentano l’oggetto senza esserlo. Instagram suggerisce che l’immagine sia davvero l’oggetto e mostra, perciò, un carattere strutturalmente volgare.
Nelle immagini condivise non c’è differenza tra abbellire il mondo e rivelarne la verità. La riproducibilità tecnica prevale sulla realtà, perché Instagram favorisce forme di socialità che inibiscono qualsiasi autocoscienza.
I social smettono inoltre di essere mediazione, per diventare mondi a cui appartenere. Secondo l’autore, i social ci disconnettono dalla realtà. Ma qual è la nostra realtà al di fuori dei rapporti con gli agenti di mediazione?

SE PERDIAMO la consapevolezza che esiste il mondo esterno fuori da noi, che non può essere catturato del tutto, né messo completamente a valore, si apre la follia collettiva, parallela all’istanza di appropriazione senza limiti del capitale predatorio. Se diventano una mediazione totalizzante, i social introducono quindi un delirio psicotico, non c’è un fuori da contenere. Se l’individuo si isola completamente nella sua rappresentazione della realtà, siamo di fronte alla disgregazione della società. Forse ci riferiamo a questo con l’espressione: era della post-verità.
Ma tale esito potrebbe andare oltre il desiderio di chi monetizza i nostri comportamenti e orienta i bisogni, attraverso il governo dell’immaginazione. Potrebbe essere un effetto catastrofico imprevisto, una falla del sistema. L’immaginazione è sempre oggetto di contesa politica. La battaglia infuria su questa trincea come mai prima. I correttivi sono ancora disponibili come mostra il movimento delle sardine. La politica ha bisogno di una società civile per esercitarsi e agire.