Cultura

Imprevedibili ribaltamenti linguistici

Imprevedibili ribaltamenti linguisticiAnna Esposito, «Sguardo ecologico», 2004

Mostre La personale «What I’ve done» dedicata ad Anna Esposito, curata da Davide Mariani, aperta contemporaneamente a Roma nello spazio indipendente Lettera_E e alla galleria Gramma_Epsilon di Atene

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 3 luglio 2022

Il punto interrogativo è sottinteso nel titolo della personale What I’ve done dedicata ad Anna Esposito (Roma 1935, vive e lavora a Roma) e curata da Davide Mariani, aperta contemporaneamente a Roma nello spazio indipendente Lettera_E e alla galleria Gramma_Epsilon di Atene (diretta da Paolo Cortese e Francesco Romano Petillo) con il patrocinio dell’IIC-Istituto italiano di cultura di Atene (fino al 1 ottobre, in corso di pubblicazione il catalogo edito dagli Ori).

La domanda riflette il ruolo dell’artista e le sue responsabilità nell’osservare la realtà per attivare riflessioni critiche. Nell’opera di Anna Esposito, protagonista della scena creativa italiana sin dagli anni Settanta, questo processo di scardinamento delle ipocrisie tra smitizzazione e denuncia mostra insofferenza per la retorica prediligendo, invece, l’ironia.

Anna Esposito, Sventagliata di mitra, 1972-2022

«TUTTE LE MIE OPERE hanno una forma di ambiguità o ambivalenza, perché partendo da un’immagine la trasformo, oppure insisto sul significato dandogli un valore più forte – afferma l’artista – Quando mi viene un’idea, devo trovare la strada. È una sfida. Se non trovo quello che cerco su rotocalchi o manifesti, allora lo vado a fotografare».

Imprevedibili ribaltamenti linguistici e concettuali affiorano anche in opere che affrontano il tema della guerra come Sventagliata di mitra (1972/2022), giocata sulla reiterazione del celebre miliziano di Robert Capa, simbolo della guerra civile spagnola, nella nuova edizione presentata per la prima volta ad Atene e in Un esercito (1974).

Entrambe sono state esposte nella storica mostra al femminile Materializzazione del linguaggio (1978), curata da Mirella Bentivoglio ai Magazzini del Sale per la Biennale di Venezia – sezione Arti visive e architettura.

Proprio all’artista visiva, poetessa, critica e curatrice la galleria Gramma_Epsilon ha reso omaggio, nel settembre 2021, organizzando la sua retrospettiva come mostra inaugurale.

Davide Mariani parla di «intuizioni folgoranti che il più delle volte nascono da una leggera modifica di un elemento dell’immagine per rivelarne gli strati più reconditi e suggerire nuove prospettive che riecheggiano il principio della fine, come una sorta di presagio quanto mai incombente».

Anna Esposito (foto di Manuela De Leonardis)

IL COLLAGE POLIMATERICO è tra le tecniche predilette dall’artista romana, anche per quella possibilità di «maneggiare» la tridimensionalità che le viene dall’aver frequentato per due anni il corso di scultura all’Accademia di belle arti di Roma (1958-60).

In Burka flowers (2003) il capo d’abbigliamento che imprigiona il corpo delle donne afghane viene trasformato in un pattern che allude a un auspicabile senso di libertà.
Tra le altre tematiche affrontate da Esposito fin dal ’74 sono presenti questioni legate all’ambiente e all’ecologia, in particolare, nella serie Ecological view.

Questioni che assumono sempre più un carattere di urgenza in SOS (1998) dove la fotografia è associata alle bottiglie di plastica o nella versione più recente di Ecological view (2004) con le shopper di plastica che accennano alla fluidità dell’acqua di un fiume inquinato.

«Per sfatare i miti che ci vengono imposti da questo tipo di società, non è necessario far cadere la loro maschera, basta osservarla ossessivamente quando appare sui manifesti, sulle pagine dei rotocalchi, sui poster, senza perdere d’occhio nessuna parte di essa, anzi, considerandone a volte con più insistenza il particolare più banale», scrive Anna Esposito in La tradizione del Nuovo. Segno/identità ipotesi itinerario dentro la creatività e il segno femminile.

Una citazione che assume una valenza ancora più pregnante, considerando che questo scritto fu pubblicato nella rivista-catalogo realizzata nel ’77 in occasione della collettiva alla Loggetta Lombardesca-Pinacoteca Comunale di Ravenna, tappa fondamentale nel processo di riconoscimento delle artiste italiane.

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