Dall’aborto inteso come atto di cannibalismo, all’omosessualità come patologia da curare, ciò che andrà in scena a Verona durante il Congresso mondiale delle Famiglie è sintetizzato dalle affermazioni che l’elenco di chi vi parteciperà ha esposto pubblicamente in più occasioni. Leggere le tematiche affrontate, della «naturalità» della famiglia, la «bellezza» del matrimonio, la «dignità» della donna, i «diritti» dei bambini proietta in uno stato di allucinazione anacronistica, che oltre a non avere niente di convegnistico, ha un impianto scientifico inesistente e culturalmente imbarazzante.
Hanno cercato di spiegarlo anche i docenti del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università di Verona firmatari di un documento contro il raduno delle destre che rinserreranno le proprie fila questo fine settimana, lo ha ribadito anche la neonata Gifts, Rete di studi di Genere, Intersex, Femministi, Transfemministi e sulla Sessualità composta da oltre duecento ricercatrici e ricercatori, movimenti, librerie, associazioni e altri, nata due giorni fa a Bari durante il Festival delle donne e dei saperi di genere. Si moltiplicano gli appelli, dalla Società italiana delle Letterate a quella delle Storiche e così istituti, studiosi ed esponenti anche del mondo cattolico.
Uno dei cavalli di battaglia di questo simposio veronese è l’elemento biologistico, oltre che patriarcale ed eterosessuale, per ribadire che lo sbandierato concetto di «natura» altro non è che rappresentazione dei corpi e delle relazioni puramente meccanicistica. Con buona pace di tutto il manto religioso e destinale che si intenderebbe attribuire all’unione tra un uomo e una donna, si tratta in effetti di un maschio e una femmina nel senso più primitivo e darwiniano del termine. Nessun godimento tuttavia attende all’interno della caverna in cui questi pro-life vorrebbero relegare le femmine della specie umana, bensì la gioia sacrificale per l’accudimento della prole e la custodia della dimora.
Posizioni oscurantiste, fondamentaliste e apertamente misogine, è tuttavia abbastanza inutile ribadire perché la «famiglia» come vorrebbero figurarsela i promotori del convegno sia reale quanto un asino volante. Lo insegnano decenni di studi ma lo insegna anche un giro al mercato o nelle tante scuole di ogni ordine e grado. Qualcuno ha parlato di ritorno al Medioevo, in realtà l’appuntamento veronese è al passo con questo presente in cui, anche in Italia, si tenta di mettere le mani sulla 194, si fanno proclami sul reddito di maternità, si vorrebbe erodere il diritto di famiglia a sfavore di donne e bambini, si diffondono sentenze che, nei casi di femminicidio, riferiscono di tempeste emotive e presunte ineluttabilità. Eppure, per ognuno di questi episodi, c’è stato nel nostro paese un presidio, piccolo o grande da parte di donne, femministe, comunità Lgbqti, soggettività transessuali, ci sono state cioè alleanze tra movimenti, pensiamo solo a Non Una Di Meno, che ogni volta hanno fatto arretrare questa ostinazione al controllo sui corpi. Hanno rispedito al mittente mozioni, hanno manifestato, protestato e portato in piazza migliaia di persone. Non Una Di Meno, collettivi, Case, movimenti, sui territori da anni, Centri antiviolenza sono processi inarrestabili, posizioni antirazziste, antifasciste, antisovraniste e transfemministe esplicite che minano con la propria presenza e in questa alleanza di corpi ogni possibilità di gestione e prevaricazione.
E qui si arriva a una dolente quanto necessaria constatazione: il punto vero della disputa è la sessualità, raccontando di «angeli del focolare» e «omosessuali contagiosi» non sfugga infatti che il terrore vero – di duchi, ministri, patriarchi presenti a Verona – è ben più sfinterico di come si vorrebbe figurare. È importante dirlo con chiarezza, perché non si pensi che a qualcuno davvero importi un dibattito su stratificazioni storico-giuridiche o teorico-filosofiche.
Insieme alla questione maschile e alla sua impotenza sempre più consistente espressa attraverso la violenza, il vero rimosso che aleggia dietro ogni rivendicazione patriarcale è l’esperienza della sessualità inammissibile e non «canonica». Del resto essere signore di libertà femminile vuol dire anche questo. Chi partecipa al Congresso veronese ha ragione di temere la perdita di un potere che ha creduto di mantenere per secoli sui corpi altrui, ma ormai è troppo tardi. Sono stati già travolti. E non lo sanno. Bisognerà gridarglielo, anche a Verona che da venerdì a domenica sarà trasfemminista.