Andrea Campana è il responsabile del centro Covid dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, uno dei principali ospedali pediatrici in Italia. Dall’inizio di marzo, l’ospedale ha assistito gran parte dei casi di Covid-19 che hanno riguardato i pazienti più piccoli, anche se in assoluto i bambini malati sono stati pochi. Grazie all’esperienza accumulata sul campo, Campana si è fatto un’idea piuttosto chiara dei rischi che corrono i bambini a contatto con il virus.

È vero che i bambini sono meno suscettibili e contagiosi degli adulti?

Gli studi pubblicati hanno spesso riguardato numeri limitati di casi e hanno dato risultati spesso contraddittori. Al momento non ci sono studi scientifici validati che diano una risposta certa. Ma sulla base dell’esperienza diretta di questi mesi possiamo dire che il bambino è contagioso esattamente come l’adulto. Se guardiamo quanti genitori hanno contagiato i bambini e viceversa troviamo più o meno gli stessi numeri. Con una differenza clinica enorme: i bambini hanno quadri clinici molto lievi, che solo negli adolescenti possono interessare i polmoni.

Cosa ci insegnano le riaperture delle scuole negli altri paesi?

Per rispondere bisognerebbe conoscere bene le condizioni in cui sono avvenute queste aperture e le misure prese nei singoli istituti. Il rischio è che le riaperture facciano ripartire verso l’alto il famoso indice di trasmissione Rt, con un aumento dei contatti tra i bambini. Se le scuole avranno un impatto sui grandi numeri, questo naturalmente porterà a ulteriori limitazioni. È una sorta di palestra per verificare la nostra capacità di controllare le abitudini delle persone.

Dal punto di vista medico sarebbe stato meglio aspettare?

All’interno del Cts ci sono medici autorevolissimi, che hanno la percezione diretta della situazione sul campo. Ma il problema non è prettamente medico: non mi aspetto che con l’apertura delle scuole il virus colpisca in modo particolare i bambini o le maestre, che in caso di patologie a rischio possono già tutelarsi.

Però c’è un timore diffuso intorno alle riaperture.

Si è fatta un po’ di confusione, molte persone sono convinte che basti un bambino positivo per tenere a casa tutta la classe per 14 giorni. Ma le cose non andranno così. Quando un bambino avrà sintomi sospetti bisognerà fare un tampone rapido e eventualmente far partire la sua quarantena. A quel punto bisognerà fare i tamponi a tutti bambini. Quindi sarà importante averne tanti a disposizione, reagenti compresi, per capire chi porre in quarantena, che da noi vale ancora 14 giorni. Poi, effettuare il tracciamento dei contatti, e per questo è utile usare l’applicazione Immuni: non è l’unico strumento a nostra disposizione, ma con migliaia di contagi contemporaneamente la app può dare un grande aiuto nel segnalare direttamente il contatto a rischio alle persone. E poi l’isolamento, dove possibile domiciliare.

Perché il Cts ha chiesto che siano le famiglie a misurare la febbre e non le scuole?

Penso che la cosa più logica sia un doppio controllo e vedrà che gli istituti si organizzeranno in questa direzione. Ma non sempre un termoscanner all’ingresso basta. È meglio responsabilizzare il genitore, che se manda il figlio malato a scuola rischia di bloccare la sua stessa attività. Se i bambini partono da casa già controllati è meglio.

Vi preoccupa la sovrapposizione tra influenza e Covid?

Chi si è occupato di Covid in questi mesi, in cui abbiamo riallestito i reparti nel giro di una settimana, non ha più paura di niente. Però dobbiamo essere prudenti e dare le indicazioni giuste. L’influenza è una malattia banale, ma si muove nello stesso periodo del coronavirus e di altri virus. Se dobbiamo fare il tampone a tutti i bambini che arrivano in ospedale con sintomi compatibili rischiamo il sovraccarico delle strutture sanitarie e di non riuscire ad assistere adeguatamente bambini che hanno altre patologie gravi. Per evitarlo, qui al Bambin Gesù offriamo la vaccinazione anti-influenzale gratuitamente dai sei mesi ai sei anni di età, come fanno anche altre regioni, anche ai bambini sani. Non serve a proteggere il singolo ma la collettività. Cioè chi non può vaccinarsi, o gli anziani che in pronto soccorso e rischiano di aspettare una fila di bambini che magari hanno semplicemente il raffreddore ma devono fare il tampone.