I prezzi dell’energia aumentano e gli europei non riescono a trovare una risposta comune. L’impennata dell’elettricità e del gas potrebbe trasformarsi in una seria minaccia sulla ripresa economica e al tempo stesso rischia di essere un freno per la transizione climatica e di mettere in scacco il Green New Deal europeo.

La Commissione Ue avrebbe dovuto presentare ieri delle proposte sull’energia, ma ha rimandato al 13 ottobre, perché i 27 frenano sul progetto di estendere l’Ets (Emission trading System, il sistema di acquisti di quote Co2 che fa aumentare il prezzo delle energie fossili per accelerare la transizione) anche al riscaldamento e ai trasporti. «Gli europei devono coordinarsi» afferma il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni. Ma i ministri delle Finanze non sono riusciti a trovare un terreno comune all’Ecofin in Lussemburgo questo inizio settimana e ieri sera il prezzo dell’energia è stato argomento di discussione tra i capi di stato e di governo riuniti in Slovenia per il summit Ue-Balcani.

I dirigenti europei, che ne riparleranno al Consiglio europeo del 21-22 ottobre, temono un’esplosione delle proteste tipo gilet gialli in tutta la Ue, con un’inflazione in crescita nella zona euro (3,4% a settembre).

Ieri, in Francia, dove ci sono le presidenziali tra poco più di sei mesi, si è visto un assaggio: una giornata di cortei, più di 200 in tutto il paese, per il potere d’acquisto e i salari, organizzata da Cgt, Fo, Solidaires, Fsu e studenti. In molti paesi – Francia, Italia, Spagna, Grecia, Olanda – sono già state prese misure nazionali per calmierare i prezzi dell’elettricità e del gas. In Francia oltre a una nuova sovvenzione di 100 euro per i più sfavoriti che si aggiunge all’assegno di 150 euro già stanziato, il governo ha bloccato i prezzi del gas e limitato quelli dell’energia al 4% fino ad aprile, cioè fino alle elezioni.

Per il momento ogni paese avanza per conto suo. La Spagna, molto esposta, ha chiesto a Bruxelles di mettere in atto acquisti di gruppo del gas, come è stato fatto per i vaccini, dopo la confusione iniziale. La Francia giudica il mercato europeo dell’energia «aberrante», perché indicizzato sull’ultimo prezzo, quello più alto: per il ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, i francesi che hanno un’energia nucleare poco cara a 40 euro il kw/h (non tiene conto dei costi altissimi dello smantellamento delle centrali), non vogliono pagare 110 euro.

Per la Spagna non si può chiedere ai contribuenti che hanno pagato le dighe idrauliche di comprare l’energia al prezzo delle centrali a gas, il paese deve poter approfittare dell’investimento nelle rinnovabili. La Germania si affida al mercato e attende il gas russo del North Stream II, che è già in fase di sperimentazione. L’Olanda non vuole disordini nel mercato dell’energia, che rischierebbero di compromettere la ripresa. Il nord Europa per il momento non si sente travolto dal problema.

L’est, molto dipendente dal carbone, pretende un rallentamento dei tempi della transizione energetica e chiede più fondi a Bruxelles. La Francia e la Germania ne approfittano per promuovere una il nucleare l’altra il gas nella “tassonomia” europea, che sarà definita a fine anno (per farli passare come energie “sostenibili”, quindi finanziabili). E tutti sperano che gli aumenti siano “transitori” e che non scatenino rivolte.