Riesplode il caos in Thailandia e in questo caso – insieme alla confusione politica – arrivano altri morti, quattro, e I feriti, sessantaquattro. Il bilancio di questi quattro mesi di stallo politico è di 65 morti e centinaia di feriti. I morti sono stati causati da nuovi scontri tra polizia e forze dell’opposizione alla leadership di Yingluck Shinawatra (nella foto i manifesti che chiedono le sue dimissioni, reuters), che rischia di essere colpita da un impeachment.

É questa la grande novità delle ultime ore, dal punto di vista squisitamente politico.

La premier del paese, considerata dalle opposizioni alla stregua di un fantoccio manovrato dal fratello Thaksin, in esilio dal 2008, è infatti accusata dall’agenzia anticorruzione di negligenza nell’ambito di un controverso programma di sussidio ai produttori di riso, che avrebbe creato una voragine nel bilancio statale e che al tempo stesso costituisce uno dei motivi principali dell’attuale protesta anti-governativa. Lo hanno riferito i media thailandesi, specificando che la premier è stata convocata per il 27 febbraio a un’udienza in cui le saranno letti i capi di imputazione.

In realtà questo evento, aiuta a comprendere un poco meglio l’attuale quadro politico, contrassegnato da un confronto all’interno del quale le ragioni e le posizioni sono al tempo stesso nette e sfumate. Innanzitutto è bene precisare che l’opposizione del paese, rappresentanto dal partito democratico e dai monarchici, di «democratico» in realtà ha poco, rappresentando le istanze più conservatrici, monarchiche e nazionaliste del paese. Non è un caso che il rischio impeachment per Yingluck nasca proprio da una questione socio-economica poco gradita alla borghesia urbana nazionale.

La «negligenza» di cui è accusata la premier, infatti, avrebbe di fatto aiutato i produttori di riso delle campagne del nord-est, la base storica dell’elettorato familiare. È risaputo il fastidio delle frange monarchiche e nazionaliste contr Thaksin e le sue politiche popolari e talvolta populiste, che mettono lo stesso ex premier in una posizione non certo immacolata. Rimane il fatto che le violenze e la contrapposizione rimane incerta, anche perché l’opposizione non sembra dimostrare alcuna volontà di arrivare ad un compromesso, come testimoniato dal boicottaggio delle ultime elezioni, concesse dalla premier come prova di volontà di dialogo (e sostenuta dalla certezza di vincerle).

Gli scontri di ieri, secondo quanto riportato dai media locali, sarebbero avvenuti nelle zone vicine ai palazzi dei governi, precedentemente recuperati dalla polizia, senza bisogno di cariche e scontri. Poco dopo la zona era stata riconquistata dai manifestanti, che in un secondo momento hanno saputo resistere alle cariche della polizia.
Gli agenti avrebbero aperto il fuoco dopo che uno di essi era stato colpito a morte; tra le fila della polizia è esplosa anche una granata, che ha causato dieci feriti. Ma per il movimento guidato dall’ex vicepremier Suthep Thaugsuban, che sostiene dall’inizio di seguire principi non violenti, l’uccisione di tre manifestanti sta già contribuendo ad alimentare ancora di più il risentimento verso Yingluck». «La polizia ha ripreso il controllo del ministero dell’Energia», ha dichiarato ieri il colonnello Kissana Phattanacharoen, portavoce della forza di emergenza del governo.