La Commissione Giustizia ha ascoltato gli avvocati democratici e repubblicani sulle conclusioni dell’indagine su Trump operata dalla Commissione di Intelligence. Per le accuse democratiche Trump ha trattenuto gli aiuti militari già stanziati per l’Ucraina per esercitare pressione affinché Kiev indagasse sull’ex vicepresidente Joe Biden. La difesa repubblicana, invece, sostiene che sono accuse politiche. Un’udienza infuocata, con furiosi scambi verbali tra minoranza repubblicana e democratici alla guida dell’udienza.

I repubblicani hanno sostenuto che i Dems non avevano dato loro abbastanza tempo per analizzare le prove, anche insufficienti, e che il report ufficiale della Commissione di Intelligence è poco più che un leak, una fuga di notizie non confermata, a dispetto delle settimane di udienze pubbliche. E Barry Berke, l’avvocato democratico, ha preso di mira Stephen Castor, l’avvocato repubblicano, affrontandolo in modo aggressivo. Berke ha accusato Castor di non avere mal direttamente affrontato la testimonianza di Jennifer Williams, l’aiutante del vicepresidente Mike Pence. Berke ha osservato che il rapporto repubblicano sull’impeachment afferma che Williams ritiene che la telefonata fra Trump e il presidente dell’Ucraina sia stata uno scambio «insolito». Per Castor ciò non è degno di nota. I toni si sono alzati rapidamente e lo scambio di battute tra i due avvocati del comitato ha suscitato diverse obiezioni procedurali dei legislatori repubblicani che hanno più volte cercato di opporsi alle domande di Berke a Castor.

Il deputato del Wisconsin Jim Sensenbrenner ha fatto obiezione affermando che Berker stava «dando fastidio al testimone», alzando la voce quando il presidente della Commissione si è rifiutato di accogliere la sua istanza. Tutta l’udienza è continuata nello stesso tono fino al momento più surreale, quando le voci si sono di nuovo alzate perché repubblicani e democratici non riuscivano ad accordarsi nemmeno su quando fare una delle interruzioni previste come bathroom break, la pausa per il bagno. Quando è stato il turno dei repubblicani di affrontare gli avvocati democratici il deputato della Georgia Doug Collins ha ricambiato, interrogando aggressivamente Daniel Goldman, a capo delle investigazioni della Commissione di Intelligence.

Poi Collins ha urlato a Goldman di rivelare chi avesse preso la decisione di identificare i numeri di telefono dei giornalisti e dei membri del Congresso per verificarne gli scambi. Intanto Michael Horowitz, ispettore generale del Dipartimento di Giustizia diffondeva l’atteso rapporto riguardo l’indagine dell’Fbi sulle origini del Russiagate.

Il rapporto ha stabilito che l’indagine dell’Fbi sui legami di Trump con la Russia non era motivata politicamente, come sostiene Trump, ma legittima, nessun complotto contro di lui. Secondo quanto riferito, Horowitz non ha trovato «nessun pregiudizio politico» ma «gravi fallimenti nelle prestazioni» del comitato elettorale di Trump, per cui i federali avevano ragioni «adeguate» per indagare. Il procuratore generale e fedelissimo di Trump, William Barr, ha sottolineato l’opinione sua e del presidente per cui gli investigatori sono comunque stati eccessivamente invasivi nell’indicare le persone associate alla campagna presidenziale repubblicana del 2016.