Il giorno seguente l’impeachment di Trump si è svolto a Los Angeles il sesto dibattito per le primarie democratiche. Sul palco solo i 7 candidati che hanno raggiunto i requisiti per poter essere ammessi. Cory Booker e Julian Castro non ce l’hanno fatta, e visto il ritiro di Kamala Harris, tutti i candidati presenti erano bianchi in modo imbarazzante. L’unico a distinguersi, l’asiatico americano Andrew Yang, che ha dato la colpa di quella monocromia pallida alle condizioni economiche e sociali sfavorevoli che portano le comunità non bianche ad avere meno rappresentanti politici.

IL PIÙ ATTACCATO è stato il sindaco moderato dell’Indiana Pete Buttigieg, a dimostrazione che la sua avanzata nei sondaggi non sta passando inosservata e viene percepito come temibile. Lo scontro c’è stato sia con la moderata Amy Klobuchar che con la sinistrorsa Elizabeth Warren. Se per Klobuchar il problema di Buttigieg è la scarsa esperienza, per Warren sono i suoi rapporti con i donatori danarosi, e lo ha criticato riguardo una sua recente raccolta fondi in una cantina di proprietà di alcuni miliardari. Buttigieg ha risposto facendo presente di essere «l’unico qui a non essere milionario o miliardario, sono quello con il reddito più basso su questo palco». Alla fine non ci sono stati grandi vincitori e vinti, si può dire che abbia vinto il dibattito in sé, meno dispersivo degli altri affollatissimi palchi.

 

Pete Buttigieg e Wlizabeth Warren durante il dibattito (Afp)

 

I 7 CANDIDATI SUL PALCO hanno in ogni caso riservato i loro attacchi più duri a Trump, e tutti hanno espresso il proprio sostegno al voto per l’impeachment. Alla domanda sulla messa in stato di accusa di Trump Warren ha detto che The Donald «è il presidente più corrotto della storia he lavora solo per i ricchi», per Sanders è un «bugiardo patologico». Amy Klobuchar ha definito l’Ucrainagate un «Watergate globale». Per Biden l’impeachment «riporterà integrità nell’ufficio della presidenza».
Solo Andrew Yang ha risposto differentemente: «Dobbiamo smetterla con l’ossessione dell’impeachment, e concentrarci sui problemi che hanno portato Trump a essere eletto».

 

Andrew Yang durante il dibattito (Afp)

Il risultato dell’indagine democratica sull’impeachment di Donald Trump sembrava arrivato a una conclusione scontata. All’impeachment della Camera avrebbero fatto seguito l’assoluzione in Senato, e le elezioni del prossimo novembre.

INVECE NANCY PELOSI ha deciso di bloccare l’ingranaggio: poco dopo aver messo sotto accusa Trump, mercoledì sera, invece che nominare immediatamente i direttori incaricati a perseguire il caso al Senato, così come richiede la Costituzione, ha deciso di aspettare di avere più dettagli e vedere che tipo di processo sta preparando la Camera alta. Una mossa resa possibile dalla Costituzione che non è chiara riguardo le tempistiche di consegna degli articoli. Non nominando i direttori e non consegnando gli articoli di impeachment, può fare pressioni sui repubblicani che sono a guida del Senato.
Mitch McConnell leader della maggioranza Gop alla Camera alta, nei giorni scorsi aveva già respinto una proposta di Chuck Schumer, leader della minoranza democratica, affinché il processo includesse testimoni chiave, tra cui il capo dello staff di Trump, Mick Mulvaney, e John Bolton, ex del presidente per la sicurezza nazionale. McConnell aveva poi ammesso di non volere essere un giudice imparziale, ma dichiaratamente schierato con la Casa bianca.

DETTO CIÒ NON STUPISCE la decisione di Pelosi, consapevole che una volta consegnati gli articoli, gli eventi verranno guidati dai repubblicani, mentre trattenendoli cerca di ottenere quante più tutele possibili per un processo il più equo possibile al Senato.