Brutta notizia per Dilma Rousseff, il cui paese è impegnato a Parigi nella Cop21: il presidente della Camera dei deputati, Eduardo Cunha, ha autorizzato l’apertura di un procedimento di impeachment per irregolarità fiscali relative al 2015.

Rio de Janeiro, insieme ad altre 15 città del pianeta si è impegnata a destinare il 10% del proprio bilancio annuale per contrastare il riscaldamento globale. Il Brasile ha presentato i conti che quantificano gli sforzi impiegati per la difesa dell’ambiente e ha preso impegni vincolanti per il futuro, in linea con le proposte del continente latinoamericano: sforzi in gran parte vanificati dal disastro ecologico di Minas Gerais, un gigantesco fiume tossico sprigionatosi dalla miniera di Mariana e ormai finito nell’oceano.

Ma ora le destre accusano la presidente brasiliana di aver stornato fondi pubblici per la campagna elettorale, violando la legge di responsabilità fiscale. Dopo aver presentato un nutrito numero di denunce, questa volta sono riuscite a passare: Cunha ha aperto loro la porta, accogliendo una domanda presentata a settembre, dopo aver a sua volta apertamente caldeggiato la cacciata di Rousseff prima che termini il secondo mandato.

Entro 10 sessioni legislative, il Parlamento deve ora notificare le accuse alla presidente e creare una Commissione speciale che emetta un parere circa l’inizio o il rigetto del processo. Per sospendere temporaneamente la presidente dal suo incarico occorre il voto dei due terzi della Camera (342 dei 513). In questo caso, assumerebbe l’incarico il vicepresidente Michel Temer (sempre del Pmdb). Il processo di impeachment verrebbe condotto dal Senato con la supervisione del presidente della Corte suprema di giustizia. Il Senato avrebbe tempo 180 giorni per emettere il verdetto.

Oltre ad accusare Rousseff per aver truccato i conti del deficit fiscale e per aver speso più del consentito durante l’elezione dell’anno scorso, i partiti di opposizione accusano il governo per la corruzione che interessa l’impresa petrolifera di stato, Petrobras.

Rousseff ha respinto le accuse, come già ha fatto in precedenza, ricevendo l’appoggio delle organizzazioni di sinistra che – nonostante le critiche alle politiche di austerity imposte dalle destre modello Fmi – temono la valanga conservatrice: che preme per rompere gli argini, sospinta da una campagna stampa internazionale tesa a presentare il Partito del lavoratori (Pt) come unico responsabile dei problemi economici e della corruzione istituzionale.

Quello di Cunha non è proprio il pulpito più adatto a scagliare la prima pietra. Ex membro del Pt e poi del Partido del Movimiento Democratico Brasileno (Pmdb), alleato del Pt, lo scorso settembre si è dichiarato «indipendente» e ha preso ad appoggiare apertamente le campagne della destra, mostrando il suo vero volto. Cunha, un potente politico evangelico, è sotto accusa per corruzione e ha annunciato di aver accolto la denuncia di impeachment quando la Commissione dell’etica del Congresso era sul punto di decidere se autorizzare o meno l’apertura di un procedimento disciplinare contro di lui. È accusato di aver mentito sui conti segreti in Svizzera in cui avrebbe trasferito i proventi delle tangenti. «Io non ho nessun conto all’estero», ha dichiarato per questo Rousseff, dicendosi «indignata». La presidente ha poi dichiarato la propria fiducia nel Parlamento, dicendosi certa che i deputati impediranno il corso del procedimento.

In base alle dichiarazioni di alcuni pentiti, Cunha è accusato di aver ricevuto tangenti per 5 milioni di dollari all’interno dello scandalo Petrobras e di aver sottratto 40 milioni di dollari alle finanze pubbliche.

Nelle truffe sarebbe coinvolta anche una delle chiese evangeliche di cui Cunha è terminale. Insieme a Cunha è stato accusato anche Fernando Collor, che è stato a capo del Brasile tra il 1990 e il 1992 e ha dovuto lasciare l’incarico dopo un processo politico per corruzione.