Non ci sarà nessun impeachment nei confronti di Giorgio Napolitano. A deciderlo è stato ieri il Comitato per i procedimenti d’accusa che ha bocciato la richiesta avanzata dal M5S. contro il presidente della Repubblica. Un risultato scontato, mai messo in discussione neanche lunedì quando Forza Italia, furiosa per le presunte rivelazioni del «Corriere della Sera» sui sondaggi fatti nell’estate 2011 da Napolitano con Mario Monti per capire la sua disponibilità a sostituire Berlusconi alla guida nel governo, si era spinta fino a ipotizzare un’alleanza con Grillo. A parole, perché nella realtà Berlusconi in questo momento tutto vuole tranne che spodestare Napolitano. E così, dopo tanto tuonare, alla fine Fi ha preferito abbandonare l’aula al momento del voto. Ufficialmente «in segno di protesta» per il mancato approfondimento delle «rivelazioni» fatte dal «Corriere». Risultato: la proposta di archiviazione avanzata dal Pd viene approvata con 28 voti a favore e 8 contrari (i soli grillini). «Manifesta infondatezza» delle accuse mosse dal M5S al capo dello Stato, è la motivazione dell’archiviazione, anch’essa scontata visti i «capi di accusa» preparati dal M5S, gravi finché si vuole ma completamente estranei ai motivi previsti dalla Costituzione perché si possa procedere contro il capo dello Stato. «Anche le critiche più estreme non sono da accostare allo stato di accusa, che è un livello superiore», conferma il presidente del Comitato, Ignazio La Russa.

Il dietro front di Forza Italia scatena Grillo che accusa gli azzurri di aver disertato il voto con «il coraggio dei coniglio o con l’opportunismo dei sodali». Ma nel mirino dell’ex comico c’è, ovviamente, soprattutto Napolitano: «Come fa a rimanere ancora al Quirinale? E’ sfiduciato da due dei primi tre gruppi politici presenti in parlamento, non c’è bisogno dell’impeachment perché tolga il disturbo». Un invito alle dimissioni seguito dall’annuncio che il M5S impugnerà l’archiviazione. Tecnicamente è possibile farlo solo se si dice d’accordo il 25% dei deputati e senatori, quindi solo se la richiesta viene appoggiata anche da Forza Italia oltre che dal M5S. Un’ipotesi al momento da scartare, visto come sono andate le cose ieri.

La sola idea, comunque, agita di nuovo le acque dentro il M5S. Si sa che molti senatori non erano d’accordo con la scelta di procedere con l’impeachment e la bocciatura di ieri, ampiamente prevista, non fa che aumentare i malumori giù esistenti. Alimentati adesso dalla richiesta di procedere con l’impugnazione. «Speriamo almeno che questa volta sia più consistente della richiesta di impeachment, e soprattutto speriamo che questa volta si possa discutere in assemblea, e non saperlo grazie a una conferenza stampa», ironizza il senatore Lorenzo Battista, una delle voci più critiche del movimento.

Ma intorno ai dissidenti aleggiano i sospetti dei fedelissimi di Grillo, convinti che in caso di un avvicendamento al governo tra Letta e Renzi, possano essere tentati di votare la fiducia. Ipotesi a dir la verità poco reale, visti i numeri. Di senatori scontenti nel groppo stellato ce ne sono, ma quelli più critici, già a rischio espulsione, sono solo cinque, troppo pochi per essere di aiuto a Renzi. Non è, comunque, solo una questione di numeri. «L’ipotesi di appoggiare Renzi non mi sfiora neppure. Non condivido né gli obiettivi di lungo periodo né la proposta di legge elettorale», spiega Francesco Campanella, altro senatore dissidente. Posizione, la sua, confermata anche da Battista, che taglia corto: «Stiamo dove stiamo, non vedo novità», dice.