«C’è un brutto clima, come non si vedeva davvero da molti anni. E non riguarda solo i nostri rapporti con l’Europa, ma anche le possibili ricadute che l’emergenza immigrazione potrà avere sulla politica nazionale». Chi parla è un funzionario del Viminale profondo conoscitore delle cose italiane e non certo incline al pessimismo. Eppure, in questi giorni in cui migliaia di profughi si affollano nelle stazioni e ai confini nazionali, ma soprattutto in cui si mostra senza più finzioni la durezza delle posizioni assunte in Europa da Paesi pure amici come la Francia, non nasconde la sua preoccupazione per le possibili conseguenze di questa emergenza estiva.

Lo stesso ministro Alfano si è reso conto che la disponibilità mostrata fino a ieri dai partner europei è ormai finita. Una convinzione che si sarebbe rafforzata nell’incontro avuto lunedì a Lussemburgo con i colleghi francese Cazneuve e tedesco De Maziere, dal quale sarebbe uscito con la consapevolezza che questa volta sarà più difficile vedere accolte le richieste italiane sul ricollocamento di un numero maggiore di profughi – rispetto ai 40 mila su quali già c’è battaglia – all’interno dell’Ue. Ma c’è di più. Al punto in cui stanno le cose Alfano teme anche che, in vista del Consiglio europeo del 25-26 giugno prossimi, Matteo Renzi lo scavalchi prendendo in mano direttamente lui il dossier immigrazione. Una mossa che metterebbe in estrema difficoltà il titolare del Viminale.

Il fatto è che i tempi stringono e non si vedono soluzioni all’orizzonte, tanto che Renzi si preparerebbe a cedere alla richiesta francese di creare degli hotspot nei punti di sbarco. Argomento spinoso, perché Parigi intende le nuove strutture come una specie di grandi Cie dove i migranti, una volta visitati e identificati, dovrebbero restare in attesa di conoscere l’esito della richiesta di asilo. Chi invece rifiuta di farsi prendere le impronte, resterebbe rinchiuso fino a identificazione avvenuta. Anche per sei mesi, come ha scritto il commissario europeo all’Immigrazione Dimitri Avramopoulos ai governi. Ipotesi che contrasta fortemente con la normativa italiana che fissa in 90 giorni il tempo massimo di detenzione in un Cie. «Senza contare un altro aspetto», fa notare il funzionario. «Simili strutture richiederebbero un ingente spiegamento di forze dell’ordine per sorvegliarle. In un periodo in cui tra Expo, Giubileo, campionato di calcio e normale lavoro di ordine pubblico gli agenti sono già tutti impegnati. Inoltre gli hotspot come li vorrebbe la Francia rappresenterebbero un’ottima occasione per tutti gli antagonisti d’Italia che avrebbero gioco facile nell’alzare la tensione nel Paese. Vero è – conclude il funzionario – che le identificazioni vanno fatte, quindi alla fine gli hotspot li faremo ma rispettando i vincoli italiani». Con una difficoltà in più ancora da risolvere: i migranti irregolari vanno rimpatriati, ma dove se non si fanno identificare? Tenendo anche contro che accordi per i rimpatri esistono solo con quattro Paesi: Tunisia, Marocco, Egitto e Nigeria.

La strategia del Viminale punta dunque soprattutto sull’ampliamento di nuovi posti Sprar, il Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati, e sugli hub regionali. A breve partirà il bando per ulteriori 10 mila posti Sprar, che andranno ad aggiungersi agli attuali 21 mila con l’obiettivo di arrivare al più presto a 40 mila posti. Per gli hub regionali, dove i migranti saranno smistati nelle vari centri di accoglienza, molte strutture invece sono già state trovate e il Viminale può contare anche su 38 caserme dismesse che ristrutturerebbe a sue spese. Due hub sono previsti in Sicilia, una caserma a Messina e un’ex struttura industriale vicino Augusta (i lavori sono già cominciati), in Calabria a Crotone, in Puglia saranno trasformati in hub il Cie e il Cara di Bari, nel Lazio l’ex caserma di Civitavecchia, in Abruzzo e Molise il villaggio di San Giuliano realizzato dopo il terremoto per accogliere gli abitanti del paese oggi rientrati tutti nelle loro case, in Emilia Romagna il Cie di Bologna, in Piemonte è stata individuata una caserma così come a Santa Maria Capua Vetere in Campania, mentre per il Friuli si deciderà a giorni. Per quanto riguarda invece Lombardia, Veneto e Liguria, le Regioni ribelli, sceglierà direttamente il Viminale. Si pensa a strutture che possano accogliere al massimo mille, duemila migranti. «Il modello Mineo, con dentro 4.000 persone, appartiene ormai al passato», spiegano al Viminale.

Infine il piano rom. Mercoledì i sindaci di Roma Marino, Catania Bianco, Torino Fassino e Cosenza Occhiuto hanno stretto un accordo con il ministero degli Interni per l’abolizione dei campi e la ricollocazione delle famiglie rom in alloggi di edilizia popolare o in immobili sequestrati. In cambio della casa, alla famiglia verrebbe chiesto di sottoscrivere un patto con il Comune in cui si impegna al rispetto delle leggi italiane.