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Impariamo a conservare le sementi

Un bravo giardiniere o un bravo orticoltore lo si diventa se la sua qualità precipua sta nell’essere un «constant gardener», parafrasando il thriller di Le Carrè, ovvero se tutta la […]

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 5 ottobre 2023

Un bravo giardiniere o un bravo orticoltore lo si diventa se la sua qualità precipua sta nell’essere un «constant gardener», parafrasando il thriller di Le Carrè, ovvero se tutta la sua attività mira al futuro, alla conservazione e miglioramento della parte di terra che ha scelto di curare. Quale migliore maniera di farlo è quella di imparare, stagione dopo stagione, a riconoscere, raccogliere e conservare le proprie sementi? E’ un gesto che ci radica profondamente nel qui ed ora del nostro orto o giardino ma, al tempo stesso, ci proietta ben oltre questo momento. Per raccogliere i semi «asciutti», ossia quelli che a completa maturazione si presentano perfettamente formati, osserviamo queste poche regole. Facciamolo con tempo mai umido, non durante una mattina di rugiada, meglio se con poco vento, facile sapere quando dobbiamo farlo, quando la semente è da raccogliere. Per tantissimi fiori, lo vediamo poiché si staccano e cadono da soli – quelli delle cosmee, dei cosmos, le calendule, i tagetes – muniamoci di un cestino o sacchetto di carta, facciamo cadere dentro la semente. Per il basilico, possiamo staccare lo stelo intero, e poi provvedere a farne cadere i semi, una volta che abbia assunto il suo colore marrone. Scartiamo i semi rovinati, provvediamo a raccogliere solamente i più sani, quelli che alla vista ed al tatto ci appaiono perfetti. Sembra scontato: non è così, questa è la base della selezione che contadini e giardinieri hanno appreso e che costituisce la cultura di base che ha permesso, nel corso dei millenni, di conservare e migliorare le specie e le varietà che ancora adesso sono coltivate.

Particolare attenzione riponiamo per la raccolta dei semi dei legumi: il baccello deve essere secco, deve essere «croccante» rompersi sotto le dita, ogni singolo fagiolo, lupino, pisello, deve essere assolutamente integro, viceversa, potrebbe non essere pronto per le future semine. Esistono sementi che non si presentano «asciutte» e che quando il frutto o la bacca che le contiene presenta acquosità (pomodoro e melanzana). Ci sono modalità operative differenti. C’è chi, anche preservando tradizioni contadine locali, raccoglie la bacca e sciacqua, passando poi ad essiccare al sole. Si vuole che parte di quel liquido umido possa meglio preservare l’integrità del seme, oppure, senza ricorrere all’acqua, c’è chi consiglia di aprire il frutto e di lasciarlo ad essiccare al sole, poi, adagio, si staccano i singoli semi. Fondamentale è conservare in sacchetti di carta, quando la nostra semente è pronta, con la scritta che rechi il nome della specie, quello in lingua italiana o anche il nome della tradizione regionale locale se trattasi di antica varietà, il nome del luogo dove è stato raccolto e la data, d’obbligo, i semi hanno durata e germinabilità diversa tra loro.

Riponiamo in cassetti al buio. Così facendo contribuiamo alla nostra autosufficienza e se questi semi li mettiamo in rete, costruiamo comunità e la «sovranità alimentare» non rimane una parola vuota affibbiata ad un ministero.

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