È rischioso parlare al posto di qualcuno, magari di una persona la cui voce ha meno spazio perché discriminata. È vero però che ci sono delle volte in cui è necessario prendersi la responsabilità della testimonianza: lo ha fatto Melania Mazzucco in Io sono con te. Storia di Brigitte (Einaudi 2016) e lo fa Rita Charbonnier in questo romanzo Figlia del cuore, edito da Marcos y Marcos (pp. 179, euro 16). Il risultato è creare una storia e quindi un pubblico di lettrici e di lettori, che altrimenti non verrebbero a conoscenza di vicende umane che hanno una risonanza sociale.

Nel caso di Mazzucco, si trattava della condizione di una donna scappata dal Congo e ritrovatasi nella giungla di Termini e di come sia riuscita, grazie all’aiuto del centro Astalli, a trovare un luogo dove dormire, lavarsi, mangiare, l’ipotesi di un lavoro. Col romanzo di Charbonnier conosciamo la storia di Sara e di Ayodele, di suo fratello Obani. Una vicenda a lieto fine nella quale le regole, necessarie, prevedono per una volta che l’eccezione sia a favore delle cittadine, in questo caso della donna single italiana che ha da sette anni in affidamento una bambina nigeriana.

IL LIBRO è punteggiato dai verbali del Tribunale dei Minorenni, del Giudice Tutelare, dei Servizi Sociali che si sono occupati negli anni della situazione di Ayodele e di suo fratello Obani. I due vivevano con il padre in una struttura cattolica: frequentavano la scuola, mangiavano alla mensa delle «pinguine» e poi guardavano la tele aspettando l’arrivo del genitore, la sera. Tutto questo fino a quando è stato segnalato che qualcosa non funzionava come avrebbe dovuto, visto che Ayodele non era ancora in grado di leggere nonostante la sua età.

Sara compare proprio per insegnarglielo e per aiutarla a correggere il difetto di pronuncia, «la zeppola», che affligge la bambina. Dal punto di vista di Ayodele però questa donna arriva solo per impicciarsi dei fatti suoi, per rovinare quella routine muta e pigra che tiene comunque insieme la sua famiglia: lei, suo fratello e la sera suo padre. Ayodele si ribella all’attenzione e alla cura di Sara che vorrebbe diventare la sua terza madre, dopo quella naturale e la seconda moglie di suo padre: «tra un discorso e l’altro, lei cercava di cambiarmi. Così mi pareva evidente che Sara cercasse di farmi diventare un’altra persona. Secondo la superdonna, tutto quello che nella mia vita c’era stato prima che mi trasferissi a casa sua era da buttare».

La bambina, però, non aveva messo in conto che il padre avrebbe accettato di buon grado di lasciare i suoi figli alle due affidatarie, Sara e la sua amica Linda, né che a un certo punto sarebbe scomparso del tutto di scena.

NEL ROMANZO tutto questo dolore è raccontato attraverso la voce di Ayodele, con il gergo di una ragazzina che più di tutto, quando inizia a vivere nella casa ordinatissima di Sara, con tutte quelle regole da rispettare anche su come si apparecchia la tavola, trova consolazione nella torta alle mele di Nonna Angela, l’unica persona da cui si sente capita.

Figlia del cuore è una testimonianza sul valore delle famiglie non «naturali», quelle in cui non c’è una coppia eterosessuale sposata, ma donne sole che desiderano e sanno prendersi cura di bambini che sono nati da altri genitori. È anche un romanzo sulla possibilità di imparare ad affidarsi, magari a degli sconosciuti, che senza nessun vincolo di sangue o ragione comprensibile decidono di prendersi cura, di donare il proprio amore, sconfiggendo una solitudine che sembrava invincibile.