Tanta fretta nel nominare i nuovi direttori dei Tg per quanta lentezza nel decidere una data per il referendum sulla «deforma» della Costituzione. Ora che il blitz agostano sulla Rai è compiuto restano pochi dubbi sulla nuova strategia del governo: avere più tempo possibile per risalire la china di sondaggi sfavorevoli magnificando la propria azione, meglio se a reti unificate. Appare allora quanto mai opportuna la lettera che Alessandro Pace e Gustavo Zagrebelsky hanno inviato al presidente Mattarella in quanto «garante dei diritti costituzionali di tutti i cittadini».

Nella lettera, il presidente e il presidente onorario del Comitato per il No nel referendum costituzionale stigmatizzano la evidente discriminazione subìta sui media durante tutta la fase di raccolta firme. Per contro, «il Comitato per il Sì ha goduto non solo dell’impegno propagandistico profuso largamente e in ogni occasione possibile, propria e impropria, dal partito di maggioranza e numerosi esponenti di governo, ma anche di una copertura mediatica senza limiti e senza riguardo per un minimamente accettabile equilibrio informativo. Questo – si legge ancora nella lettera – è accaduto proprio quando si avverte e si proclama la necessità di diffondere la partecipazione democratica e di operare per sanare la frattura aperta tra governanti e governati, frattura che tutti a parole deprecano». Di qui l’appello al presidente Mattarella: «Nell’avvicinarsi l’ora di svolgimento del referendum ci rivolgiamo a Lei certi che Ella non possa non condividere le preoccupazioni per un confronto che, se si dovessero riprodurre le distorsioni che abbiamo finora constatato, non potrebbe dirsi onesto e finirebbe per acuire le divisioni: per di più su un tema di cruciale importanza per la vita democratica quale è la riforma della Costituzione. Per questo le chiediamo di far valere, secondo ciò che riterrà più opportuno ed efficace, la sua autorità super partes per garantire la parità tra le posizioni, tanto più ora che la campagna elettorale per il referendum costituzionale sta per entrare nel vivo».

Certo, con una Rai totalmente allineata alle ragioni del sì, l’impresa si fa ancora più ardua. Ecco perché occorre, ancora più di prima, un fronte del No ampio, plurale e coordinato che sappia contrastare la poderosa macchina propagandistico-elettorale del fronte opposto. Per realizzarlo, i due comitati referendari – riforma costituzionale e Italicum – hanno scritto alle organizzazioni politiche e sindacali, alle associazioni e ai movimenti già schierati contro le deformazioni volute dal governo per proporre di lavorare uniti in vista della sfida di autunno. I mesi di raccolta delle firme per promuovere i tre referendum hanno fatto nascere e crescere un movimento referendario che «è passato da 160 a 400 comitati territoriali». Per questo, pur non avendo raggiunto le 500mila firme necessarie, i due Comitati hanno deciso «di stare in campo nella campagna elettorale con una propria presenza attiva», attivando una raccolta fondi straordinaria, organizzando una campagna di comunicazione efficace e, soprattutto, rivendicando in ogni occasione quella «condizione di parità nell’informazione» che finora non c’è stata. Di qui la proposta di una collaborazione più stretta e coordinata con tutti i soggetti già in campo per il No, ai quali viene avanzata, tra l’altro, la richiesta di mettere a disposizione dei comitati locali «parte degli spazi elettorali (per manifesti, tribune elettorali, banchetti, manifestazioni, ecc.)» a cui avranno diritto e di «sostenere le iniziative unitarie dei Comitati contribuendo alla loro riuscita, soprattutto a livello locale».