«Cerchiamo di vincere ad Imola e dare una grande spallata al Pd, e poi si vedrà. È chiaro che le prospettive sono importanti, il Movimento 5 Stelle potrà diventare il primo attore anche a livello regionale». Sta un po’ tutto qui, in queste frasi del grillino Massimo Bugani, il senso politico di quel che potrebbe succedere domenica, e poi nel quasi certo ballottaggio del 24 giugno.

A IMOLA, 40 KM DA BOLOGNA, arrivano le elezioni amministrative e il Pd, qui al governo da 72 anni, potrebbe fare la figura del vecchio pugile con poco fiato che sale per l’ultima volta sul ring. Già suonato e sconfitto dalla batosta elettorale del 4 marzo, che ha visto in città centro destra, Movimento 5 stelle e democratici praticamente affiancati in termini di consenso. E ora proprio queste tre forze si sfidano per la città che fu del socialista Andrea Costa.

Se i democratici e i loro alleati – come tutti danno per certo – andranno al secondo turno in vantaggio, dovranno vedersela con i voti di Lega e Movimento 5 Stelle, due forze che in Emilia-Romagna si stanno corteggiando tra dichiarazioni e promesse di futuri matrimoni d’interesse, sulla falsariga di quanto successo a Roma. Il film per il centro-sinistra non sarebbe inedito: già a Parma nel 2012 al secondo turno i voti della destra e degli elettori 5 Stelle si coalizzarono «naturalmente» per battere il candidato Pd, e Federico Pizzarotti prese la città che Beppe Grillo aveva definito la «nostra piccola Stalingrado».

DA PARMA IL MOVIMENTO prese il volo anche a livello nazionale, e ora si ritrova al governo. Da Imola, è la speranza dei vertici 5 Stelle, potrebbe partire la volata per le elezioni regionali del 2019. Non è una storia già scritta ovviamente, ma solo il fatto che si possa immaginare un destino del genere per Imola e l’Emilia ormai non più rossa è una novità assoluta per territori dove la sinistra da decenni non ha mai avuto reali contendenti.

Per non perdere, il Partito democratico ha schierato i big, da Graziano Delrio a Paolo Gentiloni. La speranza è quella di vincere subito al primo turno. Perché, come dicono i militanti, «se non si vince al primo giro, poi finisce male».

GENTILONI MERCOLEDÌ SERA ha riempito la piazza a Imola, strappato applausi su applausi e chiesto l’unità del centro-sinistra, «cattolici, civici, partiti, espressione del volontariato», «perché è con queste alleanze larghe che dobbiamo combattere e tornare a vincere, non solo a Imola ma nel nostro Paese». Nella prima uscita pubblica da ex presidente del Consiglio Gentiloni ha però anche elencato le colpe del Pd e del suo governo, ha citato (ringraziandolo per il lavoro svolto) l’ex ministro Poletti, anche lui sul palco ma in completo silenzio, e subito dopo ha ricordato che certi contratti di lavoro «fanno a pugni con la dignità delle persone», «perché se tu guadagni pochi euro l’ora e hai condizioni di lavoro instabili quello è un lavoro, ma non è il lavoro di cui parla la Costituzione». Applausi scroscianti per frasi che in campagna elettorale non si sono mai sentite dalle parti di Renzi e compagni.

TRA I MILITANTI PERÒ SERPEGGIA la paura di perdere una delle ultime roccaforti del Pd in Regione, una città che è sempre stata rossa e dove il Pd non hai mai dovuto preoccuparsi delle opposizioni. Questa volta sarà diverso e la candidata del Pd, la civica Carmela Cappello (e pure questa è una piccola grande novità per un partito abituato all’autosufficienza), dovrà contendere ogni singolo voto ai suoi due sfidanti: Giuseppe Palazzo, candidato del centro destra – paradosso dei paradossi per un civico nato politicamente nell’Asinello di Prodi – e la pentastellata Manuela Sangiorgi.

«NON LO SO SE QUESTA VOLTA ce la facciamo, certo Imola ha una tradizione storicamente radicata, ma proprio per questo perdere qui farebbe molto più male che altrove», dice un militante storico che è transitato da tutte le trasformazioni di quel che fu il Pci. «C’è molta confusione, a Imola come a Roma. Renzi? Meglio non sia venuto, siamo contenti con Gentiloni», aggiunge un’elettrice di 60 anni, grosso modo l’età media dei presenti al comizio. Prova a convincere e mobilitare i suoi e non solo il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini: «Dico agli elettori: potete aver votato per altro il 4 marzo, ma qui dovete scegliere per chi governerà il Comune nei prossimi cinque anni».

IL RAGIONAMENTO È SEMPLICE, chi non ha scelto il Pd a livello nazionale deve ricordarsi che Imola resta una città relativamente ricca, senza grosse sacche di povertà e con una qualità della vita che molti giudicano invidiabile. «Non riesco a capire perché non votare chi per decenni ha garantito tutto questo», dice un iscritto Pd sotto al palco mentre aspetta l’inizio del comizio. La retorica degli sfidanti è tutta sulla contrapposizione vecchio contro nuovo, integrati contro esclusi e travolti dalla crisi (che anche a Imola ci sono).

«È INIZIATO IL CONTO alla rovescia: per la sinistra sono le ultime ore di esercizio di un potere dispotico», attacca Alberto Balboni, senatore di Fratelli d’Italia che il 4 marzo ha sconfitto l’ex ministro Franceschini nel vicino collegio di Ferrara. Quello di Imola sarà un test forse nazionale, sicuramente regionale, per capire se la marea giallo-verde continuerà a salire, oppure se l’onda si arresterà alle porte di Bologna.

Infine c’è Liberi e Uguali. A Imola non ha retto la prova, e si è subito diviso in due pezzi. Art.1-Mdp (che qui vuol dire Vasco Errani) ha scelto di appoggiare la candidata del Pd, mentre Possibile e Sinistra Italiana hanno deciso per una lista non collegata alla coalizione democratica. Curioso il nome: «Sinistra unita».