Tra i complimenti degli utenti, qualche inciampo tecnico e gaffe sessiste, parte finalmente l’app Immuni, che da lunedì scorso è scaricabile sui telefoni. Per il momento si potrà solo sperimentarne il funzionamento in quattro regioni-pilota (Puglia, Abruzzo, Marche e Liguria, in cui il test è iniziato ieri), ma la app è già disponibile anche nelle altre regioni. Nelle prime ore lo hanno già fatto in tanti: ieri sera erano circa un milione i download, secondo i tecnici del ministero.

Molti hanno apprezzato la semplicità della app, facile anche per utenti inesperti. Nulla da dire sulla privacy: il contact tracing digitale utilizza l’algoritmo più protettivo nei confronti dei dati personali. I telefoni vicini tra loro scambieranno messaggi (in realtà sequenze casuali di numeri e lettere) attraverso il segnale bluetooth. Nemmeno il Ministero della salute che ha prodotto la app sarà in grado di risalire dai messaggi al proprietario del telefono che li ha emessi o ricevuti.

Per tracciare i contatti non sarà registrata la loro posizione attraverso il segnale Gps. Tuttavia, solo sui telefoni Android il Gps deve essere attivato affinché la app funzioni. Non c’è inganno, assicurano gli esperti che hanno esaminato il codice (aperto): tutti i telefoni Android attivano automaticamente il Gps quando utilizzano la versione «Low Energy» del segnale Bluetooth, anche se i dati sulla posizione non sono usati.

Molti utenti interessati non sono riusciti ad installare la app, incompatibile con le versioni più vecchie di Android e Ios anche dopo l’aggiornamento più recente. Si calcola che circa il 15% degli utenti rimarrà tagliato fuori dal contact tracing digitale per questo motivo.
Ma il vero caso “politico” intorno a Immuni non è sorto per il digital divide. Nelle schermate di presentazione della prima versione della app compariva una famiglia fedele allo stereotipo sessista più trito: lei col lattante in braccio e una piantina da innaffiare, lui al computer.

Tante le proteste degli utenti: «Questa immagine fuori dal tempo e dalla storia deve essere cambiata», ha twittato Paola Concia. Persino Enrico Letta si è arrabbiato: «Troppi che la giustificano e si scandalizzano per lo scandalo». Sommersi dalle critiche, nel giro di poche ore gli sviluppatori della app (11 maschi su 11) hanno corretto la grafica: nella nuova versione, il bebé è in braccio a lui e al computer c’è lei, che si è tenuta pure la piantina.