Che il reato di immigrazione clandestina, eredità dei governi Berlusconi che il Pd ha più volte promesso di abolire, sia contrario alla giustizia Europea lo ha stabilito la Corte di Strasburgo. La sua depenalizzazione sarebbe assai utile nel contrasto alla tratta di migranti, lo chiedono da anni i magistrati che indagano sugli scafisti e il procuratore nazionale antimafia. Non solo, che il reato penale immaginato ai tempi della legge Bossi-Fini debba essere trasformato in un illecito amministrativo lo ha detto due volte il parlamento: la prima in una legge delega del maggio 2014, che il governo non ha esercitato solo su questo punto, la seconda un mese fa quando le commissioni parlamentari hanno incalzato il governo perché proceda anche a questa depenalizzazione. Ma la depenalizzazione non si farà. Il decreto, preparato dal ministro Orlando, non è arrivato al Consiglio dei ministri di ieri. Se ne riparlerà probabilmente la prossima settimana. Sotto i peggiori auspici, visto che palazzo Chigi fa sapere che «la logica vorrebbe la scelta della depenalizzazione. Ma nella componente sicurezza l’elemento psicologico e di percezione è molto importante».

È una dichiarazione di resa di Renzi di fronte ad Alfano che, ministro della giustizia nel governo Berlusconi quando il reato fu introdotto, ha sempre difeso la legge anche di fronte ai fallimenti. L’impossibile applicazione della sanzione (da 5 a 10mila euro) a carico dei migranti in fuga, la possibilità per gli indagati di non collaborare nelle indagini sui responsabili della tratta (a differenza dei testimoni non indagati), persino la complicazione nelle procedure di espulsione consigliano da anni il passo indietro, anche a prescindere da ogni valutazione di giustizia e umanità. Ma «la logica» traballa a palazzo Chigi davanti alle ragioni di «opportunità politica». La stessa «opportunità alla quale si aggrappa il ministro dell’interno Alfano, quando si avventura a spiegare che malgrado «voci molto autorevoli e rispettabili affermano ragioni tecnicamente valide a sostegno di una abrogazione» esistono «motivi di opportunità fin troppo evidenti» per «evitare di trasmettere all’opinione pubblica dei messaggi che sarebbero negativi per la percezione di sicurezza in un momento particolarissimo per l’Italia e l’Europa».

È con ragionamenti del genere – ovvero: la gente ha paura dei terroristi, meglio mantenere il reato di immigrazione clandestina malgrado sia disumano, inapplicabile e controproducente – che Alfano riuscì a imporsi nel Consiglio dei ministri del 13 novembre scorso. Scadeva allora la delega prevista nel disegno di legge Orlando approvato nel maggio 2014 dalle camere; la riunione del governo si tenne nel pomeriggio del giorno che sarebbe poi passato alla storia come quello degli attacchi terroristici di Parigi, cominciati nella serata allo stadio e al Bataclan. Senza bisogno di quel carico emozionale, la linea dell’ex ministro di Berlusconi convinse Renzi e si decise di trasmettere lo schema di decreto legislativo al parlamento senza la depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina. Il problema però è ritornato sulla scrivania di palazzo Chigi, di nuovo attraverso il guardasigilli Orlando, perché le commissioni parlamentari nell’esprimere il loro parere favorevole hanno raccomandato che «il reato di immigrazione clandestina sia trasformato in illecito amministrativo». Entro la prossima settimana Renzi dovrà decidere. A meno che gli uffici non riescano a trovare nelle pieghe della legge delega originaria i margini per rinviare ogni decisione di altri sessanta giorni. Che sarebbero utilissimi all’esecutivo.

La questione immigrazione clandestina viene a coincidere infatti con l’altra che divide il Nuovo centrodestra dal Pd, quella delle Unioni civili, e annuncia una terza spaccatura, sulla riforma della cittadinanza. Alfano ha buone chance di vittoria, in nome della «opportunità politica». Nel frattempo una parte del Pd invita a non rimangiarsi anche questo impegno – «la politica non può farsi guidare dalla paura», dice Speranza – mentre un’altra (quella renziana) già a capito dove si andrà a parare: «Sull’abolizione del reato di clandestinità non potrei essere più d’accordo, su quando farlo agirei in questo momento con grande cautela», dice Fiano. L’occasione è perfetta per la Lega per profetizzare invasioni, e Salvini annuncia già un referendum per cancellare la cancellazione del reato. Che intanto può attendere.