L’Alto commissariato Onu per i rifugiati fa sapere con un giorno di ritardo che altri 12 morti, fra cui una donna siriana con due bambini, sono stati recuperati su un barcone al largo della Libia. È l’ennesima strage e come sempre il bilancio è sommario. Il barcone aveva una capacità per 200 persone. Si cercano gli altri dispersi.
Questa è la realtà. A Milano invece va in scena la politica. Un’altro pianeta. Qui il problema non è aiutare queste persone ma liberarsene. La prima sessione del vertice informale dei ministri degli interni, che ha inaugurato la serie di summit del semestre di presidenza europea dell’Italia, si è sostanzialmente conclusa con un nulla di fatto. Solo la vaga promessa che gli altri paesi europei daranno prima o poi una mano all’Italia impegnata nell’operazione Mare Nostrum nel Canale di Sicilia. Già sentito altre volte. I colloqui sono proseguiti dopo i lavori ufficiali anche nelle sontuose cene che accompagnano il vertice, mentre in mare si continua a morire, ma per ora non si è arrivati a nessun risultato concreto.

È penoso vedere il ministro Angelino Alfano nel ruolo di colui che deve sbattere i pugni sul tavolo e invece viene umiliato dai ministri degli altri paesi e, con più garbo, anche dalla commissaria agli affari interni di Bruxelles durante la conferenza stampa congiunta che ha chiuso la giornata. Eppure Alfano ce l’ha messa tutta per indorare la pillola. «Si respira una buona aria per una maggiore azione congiunta di tutti i paesi dell’Europa sul tema dell’immigrazione. C’è la massima disponibilità da parte di tutti», ha detto. Di fatto non ha portato a casa niente di più che qualche pacca sulla spalla. Su una cosa i ministri sono tutti d’accordo: «Bisogna punire l’immigrazione irregolare» e attivare «mirate campagne informative sull’ingresso nell’Ue». Inoltre, come ha spiegato Alfano, «è indispensabile uno sforzo da parte di tutti per mettere in opera gli accordi con i paesi dell’altra sponda del Mediterraneo come Marocco e Tunisia e replicare quel modello anche con altri stati». Ma le larghe intese su quello che il ministro italiano ha definito pomposamente global approach to migration finiscono qui. Il resto è un teatrino patetico sul futuro di Mare Nostrum. Alfano ha annunciato trionfante: «Lavoriamo per un subentro con un’operazione Frontex (ovvero europea, ndr) all’operazione Mare Nostrum. Questo è l’obiettivo molto chiaro e molto concreto e spero sia raggiunto al più presto. Lì per ora ci stanno le navi italiane. Devono essere sostituite, perché Mare Nostrum è un’azione eccezionale e a tempo. Ci vuole un impegno più forte degli altri paesi e abbiamo ricevuto rassicurazione che questo avverrà». La smentita gentile, invece, arriva immediatamente dalla commissaria europea agli affari Interni che siede accanto al ministro. «Frontex è un’agenzia piccola – ha subito frenato Cecilia Malmström – Non abbiamo né mezzi né uomini per sostituirci completamente a Mare Nostrum che ha un costo enorme. Avremo bisogno di più risorse dagli stati membri. Ecco perché chiediamo all’Italia di sedersi al tavolo con noi per stimare esattamente cosa sia necessario. Una volta che sapremo in modo più preciso cosa serve, dovremo andare a parlare con gli altri stati membri. Frontex non può sostituire Mare Nostrum a meno che tutti gli stati contribuiscano». Quando avverrà tutto questo ulteriore giro di riunioni e incontri? «Non so esattamente – ha glissato Malmström – ma avverrà».

In mattinata prima dell’inizio del vertice avevano già fatto sapere come la pensano i ministri dei paesi del nord Europa: voi italiani li recuperate in mare ma poi quelli che se li prendono accettando le domande di asilo siamo noi. Dunque l’Italia non può avanzare troppe pretese.