«Umanità e fermezza»: anche il nuovo progetto di legge «per un’immigrazione controllata e un diritto d’asilo effettivo», che oggi il ministro degli Interni Gérard Collomb presenta in Consiglio dei ministri, non sfugge all’ossimoro utilizzato fin dai tempi di Mitterrand da tutti i presidenti della Repubblica. La legge è estremamente controversa, pessima per tutte le associazioni umanitarie, perché vuole accelerare i tempi dell’analisi delle domande d’asilo e delle situazioni delle persone che arrivano sul territorio francese, riducendo i margini per reagire a una decisione di espulsione.

Collomb (ex socialista) afferma che «la Francia deve accogliere i rifugiati ma non può accogliere tutti i migranti economici». A partire da questa posizione teorica, che nella pratica diventa oggettivamente confusa, Collomb propone di accelerare la risposta alle domande d’asilo: 6 mesi al massimo (contro 11 mesi circa di oggi). Raddoppia il periodo di ritenzione nei centri da 45 a 90 giorni (che possono diventare 135) e porta da 16 a 24 ore il fermo amministrativo per verificare i documenti (per le associazioni umanitarie sono misure repressive inutili), mentre riduce da 120 a 90 giorni il tempo per presentare una domanda d’asilo e da un mese a 15 giorni quello per un’eventuale ricorso di fronte a una decisione di espulsione. Istituisce un reato di entrata illegale: chi entra in Francia senza passare per i posti di frontiera (per esempio dal Col de l’Echelle nelle Alpi) sarà passibile di un anno di carcere e 3750€ di multa. Gli allontanamenti vengono facilitati verso i paesi di origine considerati «sicuri», ma grazie alle proteste è stato eliminato il caso di «paesi terzi sicuri» per rimandare le persone in un paese straniero. La parte costruttiva della legge prevede un permesso di soggiorno di 4 anni (invece che di uno) per certe categorie di rifugiati «sussidiari», un rafforzamento della protezione per le donne minacciate di mutilazioni sessuali o vittime di violenze, l’estensione dei ricongiungimenti famigliari a tutti i minorenni.

Il primo ministro, Edouard Philippe, ha promesso che le 72 proposte per una migliore integrazione dei rifugiati, avanzate dal deputato En Marche Aurélien Taché, saranno realizzate. Prevedono, in particolare, un «percorso» della persona, con un consistente aumento delle ore di corsi di lingua e di formazione, la valutazione dell’equivalenza dei diplomi e facilitazioni per l’impegno civico dei cittadini francesi che aiutano i rifugiati ad alloggiarsi e a integrarsi. Soprattutto, propone la riduzione da 9 mesi a 6 del tempo in cui un richiedente asilo non ha diritto di lavorare: è questo uno dei motivi che più hanno fomentato il rigetto degli stranieri nei paesi europei.

La Cimade, una delle più vecchie e prestigiose associazioni di aiuto umanitario, parla di «testo pericoloso». Per il segretario generale, Jean-Claude Mas, siamo di fronte a «un crollo vertiginoso dei diritti delle persone rifugiate e migranti». Sempre più voci si levano a favore dell’abolizione del «reato di solidarietà» con i migranti, che ha portato a condanne nella Roya e a Calais. Collomb risponde che la Francia ha leggi più favorevoli degli altri paesi europei e quindi «attira» di più: il ministro degli Interni ricorda che nel 2017 la Francia ha dato 262mila nuovi permessi di soggiorno. La destra, che trova la legge troppo molle, sottolinea che ci sono state «solo» 15mila espulsioni.

La legge Collomb non avrà problemi a passare in Parlamento ad aprile. Anche se ci sono le prime manifestazioni di malessere nella maggioranza di Macron, che ha invece digerito senza protestare la riforma del lavoro. Un centinaio di deputati En Marche (Lrm) hanno espresso forti dubbi su una legge che dà soprattutto spazio alla parte repressiva. La scorsa settimana ci sono state chiare critiche alla proposta di legge sui «dublinati» (persone registrate nel paese Ue di prima entrata) e le condizioni di detenzione: «C’è un rischio di banalizzazione della carcerazione», ha detto un deputato Lrm. Per una parte dei deputati della maggioranza la nuova legge si sta trasformando in «un caso di coscienza». Ma ieri il Consiglio di stato ha rifiutato di annullare la contestata circolare Collomb che permette di recensire le persone nei centri di accoglienza, ma solo su base «volontaria».