Un operaio che rimuove i teli che proteggono il ghiacciaio del Presena al confine tra Trentino e Lombardia, i germogli di salvezza resistenti alla Xylella in Puglia, la storia della tempesta Vaia e delle comunità che ha colpito sulle Dolomiti nel Triveneto. Sono questi i temi delle fotografie vincitrici della seconda edizione dell’Italian Sustainability Photo Award (Ispa), il primo e più importante premio dedicato ai temi della sostenibilità, che ha avuto la partecipazione di 795 fotografi di 30 nazionalità diverse. Jean Marc Caimi, Valentina Piccinni, Michele Lapini e Matteo de Mayda sono i premiati, scelti da una giuria internazionale presieduta da Tiziana Ferrario.

L’Ispa è stati ideato dall’agenzia fotogiornalistica Parallelozero ed è nato per raccontare il mondo della sostenibilità in Italia nei settori ambientale, sociale e di governance. È stato realizzato in collaborazione con Pimco, in veste di main sponsor.

Le storie vincitrici del concorso raccontano un pezzo di Italia resistente ai cambiamenti climatici. Nella categoria «Miglior Foto» è stata premiata l’immagine scattata da Michele Lapini che immortala il momento in cui Nicola, operaio di Carosello, rimuove i geotessili dal ghiacciaio Presena, in forte ritirata da anni. Ogni estate, sin dal 2008 il ghiacciaio viene protetto per oltre 100mila metri quadrati dalla fusione dovuta alle alte temperature attraverso l’applicazione di grandi teli bianchi capaci di riflettere i raggi del sole.

Lapini è un fotogiornalista freelance di base a Bologna ed è uno dei fondatori del collettivo Arcipelago 19, atlante visivo della pandemia da Covid: «Da alcuni anni – racconta – porto avanti un progetto sul cambiamento climatico in Italia, cercando di documentare cause e effetti. In questo caso, l’iniziativa avviata 13 anni fa sul Presena ha una duplice funzione: da una parte quella di mitigare il progressivo scioglimento dei ghiacci e dall’altra quella di garantire lo svolgimento delle attività economiche collegate al turismo invernale. Credo che la fotografia possa avere un ruolo importante nel contribuire ad aumentare la consapevolezza sull’urgenza di decisioni rapide e radicali per invertire la rotta».

Nella categoria «Storia Fotografica» il vincitore è il duo formato da Jean Marc Caimi e Valentina Piccinni, con un lavoro sui «germogli della salvezza» isolati in Puglia da un gruppo di agronomi e coltivatori, con lo scopo di creare un «super albero» d’ulivo resistente alla Xylella Fastidiosa. Il terribile batterio è comparso nel 2013 in particolare nel Salento, dove si è rapidamente diffuso interessando un’area di circa 750mila ettari di superficie, causando il disseccamento e quindi la rapida morte di milioni di piante di olivo, con enormi danni al settore olivicolo-oleario. Il cambiamento climatico e l’uso di pesticidi hanno indebolito la resilienza naturale e ora 22 milioni di alberi sono a rischio e l’epidemia si sposta rapidamente verso nord e minaccia l’Europa. I germogli di olivi selvatici resistenti alla Xylella, innestati poi su varietà più produttive, vengono identificati e raccolti a mano. Ed è quello che hanno documentato Caimi e Piccinni, duo di fotografi che si occupa di storie contemporanee con un approccio diretto, senza filtri. «Abbiamo seguito la problematica attraverso un progetto di documentazione a lungo termine, durato sei anni, iniziato dai primi segnali dell’epidemia nell’area di Gallipoli. La restituzione dei media della storia era soltanto incentrata su notizie di eventi singoli tralasciando completamente il cruciale aspetto sociale ed umano. Questo ci ha fortemente motivato a focalizzarci sui diversi e complessi aspetti dell’intera vicenda». Dopo il premio Ispa, l’editore inglese Overlapse pubblicherà l’intero lavoro in un libro fotografico nei primi mesi del 2022.
Matteo de Mayda è, infine, il vincitore del Grant con «There is no calm after the storm», progetto fotografico sulla tempesta Vaia, il terribile evento meteorologico che nel 2018 stravolse i paesaggi dolomitici, lasciando a terra milioni di alberi. «Lavorare grazie a un grant come quello Ispa, con un obiettivo a lungo termine, penso sia il sogno di ogni fotografo, perché – racconta de Mayda, che fa parte dell’agenzia Contrasto – mi ha dato la possibilità di fare ricerca prima di scattare».

Nella notte del 29 ottobre la pioggia incessante fece esondare i torrenti e lo scirocco soffiò fino a 200 chilometri orari, schiantando al suolo circa 14 milioni di alberi. «La mia volontà è stata quella di andare oltre agli alberi schiantati per non spettacolarizzare l’accadimento. E mi sono voluto concentrare sulle persone impegnate nella ricostruzione come giovani volontari, piccoli imprenditori e ricercatori scientifici, come quelli del Cnr di Bologna o dell’Università di Padova. Questi ultimi studiano conseguenze meno visibili come la fragilità del suolo (che aumenta il rischio di frane e valanghe) e il bostrico tipografo, un parassita che si ciba di corteccia attaccando prima le piante a terra e successivamente quelle rimaste in piedi e che sta creando danni fino a sei volte maggiori rispetto alla tempesta stessa».