Immagini dell’interno: chiudere gli occhi, aprirli verso dentro,suggeriva il poeta Octavio Paz: abbandonarsi al flusso delle visioni. Un disco pervaso da un fascino sensuale,sottile; da qualche parte a metà strada tra aurore boreali, ombre di canzoni, modalità tra jazz ed elettronica, cut-up e piani sequenza cinematografici. Quindici storie della penombra, tra sussurri, oggetti percussivi e lampi di un Nord tutto interiore ( Michele Rabbia e Eivind Aarset sono della partita), storie d’amore che cadono a terra come foglie, senza una ragione se non l’ineluttabile che avanza. Restiamo  però orgogliosi dei nostri incidenti, degli accidenti, dei traguardi e delle cadute: musica che distilla luce nitida da ferite, cura e veleno, da ascoltare ad alto volume fino ad allagare di suono la stanza. Immaginate un incontro tra la bellezza infranta e minimale degli svedesi Wildbirds & Peacedrums (la pianista, Alessandra Bossa, ha vissuto in Lapponia), le esplorazioni avant-pop di Bjork , la sensibilità per la materia suono di un maestro come Elio Martusciello e le notti di Patty Waters (la seta nella voce di Ludovica Manzo). Domande, poesie promesse (Am i eternal?); no, non siamo eterni, ma questo disco è una perla.