Festival speciale il Fid Marseille, sulla carta simile a altri festival – un concorso internazionale, uno francese, molti «Schermi paralleli» dove spesso capita quasi casualmente di vedere film strepitosi, una retrospettiva. Ma niente è casuale, e soprattutto rispetto a altri festival nel mondo il Fid, diretto con tenacia da Jean-Pierre Rehm, critico e studioso di cinema, si caratterizza per una scommessa: avere un progetto. Ovvero non limitarsi a infilare tipo collana di perle – o collanina vintage Seventy di perline colorate – un film insieme all’altro (per quello c’è ormai la magnifica invenzione di Festivalscope, 70 euro l’anno circa e si ha accesso comodamente sul divano di casa ai festival di tutto il mondo) ma pensarli e programmarli dentro a una ricerca, personale e orgogliosamente rivendicata di cinema. Il che, a volte, va al di là della qualità o dell’interesse dei singoli film che insieme però, e collocati in questa dimensione collettiva assumono una forza singolare.

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È un rischio, ovviamente, anche grosso, che per di più non si appella a nessun nume tutelare né tantomeno si mette al riparo dell’ombrello di questo o quel regista famosi: la coerenza sta, appunto, nel progetto, nelle scelte, e in quella ostinazione che segue un pensiero e un’esigenza rispetto alle immagini/immaginario contemporanei.
Eccoci dunque all’ edizione numero 26 che per inaugurare (fino al 6 luglio) ha scelto di nuovo film di Corneliu Porumboiu, Il tesoro, Porumboiu tra l’altro è stato anche giurato al Fid qualche anno fa, e nei suoi film esprime un’altra delle caratteristiche del festival, forse ispirata a una città mischiatissima, complicata e seducente al tempo stesso quale è Marsiglia, il fatto cioè di avere messo da parte il «genere» per un’idea di documentario che è semplicemente cinema.

Porumboiu nella sua fiaba quasi paradossale ambientata a Bucarest oggi esplora sogni e contraddizioni della Romania guardando al passato di tesori, comunismo e e corruzioni, e al presente di ambizioni diffuse. Una metafora di cui il regista riesce abilmente a non esplicitare il senso, lasciando allo spettatore il compito di dissotterrarlo proprio come il tesoro che cercano i due protagonisti, un uomo che il vicino di casa convince a scavare nel giardino della vecchia dimora di famiglia, un tempo una fabbrica, nel quale il nonno gli ha detto prima di morire è sepolta una grande ricchezza. Anche perché il problema non è trovare un giudizio storico nascosto, ma mostrare un rapporto infantile al passato che condiziona il modo di vedere il presente.

La retrospettiva è dedicata a Manoel De Oliveira, il geniale regista portoghese (realizzata insieme alla Cineteca di Lisbona) riferimento centrale del pensiero moderno, scomparso qualche mese fa. Cinque programmi che comprendono diversi film presentati seguendo un’ipotesi di sistematizzazione critica: si va dal capitolo «Lezioni di Storia» dove troviamo Non – Ou a vã gloria de mandar; Velho do restelo; Panéis de São Vincente de fora – visão poética; O quinto imperio, a Il fiume dell’infanzia, con riferimento al Douro, che scorre in molte immagini di de Oliveira, dove si vedranno Douro faina fluvial; Porto da minha infância; O pintor e a Cidade; Visita ou memórias e confissões;Vou para casa.

Quindici i titoli del concorso internazionale e dieci quelli del concorso francese (questi ultimi tutti in anteprima mondiale). Tra i primi And the Living is Easy, ritratto amoroso tra i fantasmi della Storia e le paure del presente di Beirut realizzato da Lamia Joreige. Daniel Rosenfeld, uno dei cineasti di punta delle nuove generazioni argentine dà voce invece all’essenza di un paesaggio filmando un anziano contadino e i suoi nipoti nelle loro fantasie e ossessioni (Al centro de la Tierra). In Meurtriere Philippe Grandrieux, continua le sue esplorazioni dentro e oltre lo schermo sul corpo umano e sulle sue possibili variazioni di plasticità.

Nel concorso francese viene subito voglia di vedere Le juif de Lascaux il film di Louis Skorecki, critico, storico del cinema, penna di aguzzo osservatore sul quotidiano Libération fino a qualche anno fa, che come si legge nelle note di presentazione (firmate dallo stesso Rehm): «Tenta di raccontare l’autobiografia di una , tra dettagli culinari, parole di yiddish, maschere di animali, frammenti di film». Undici i progetti selezionati per il FidLab che verranno presentati a professionisti del settore – produttori, programmatori, televisioni ecc – durante il festival. Uno è Entre les frontières il nuovo film di Avi Mograbi, in cui il regista incontra i richiedenti asilo africani in Israele confinati nel mezzo del deserto. Una nuova messinscena del suo «Teatro degli Oppressi».