La storia degli animali è anche quella della loro percezione, dei termini utilizzati per riconoscerli, del loro riverbero nell’arte, nella mitologia e nelle culture umane. Soprattutto, è la storia delle trasformazioni che sono intervenute tra «noi» e «loro», in quella che potremmo definire un’antropo-zoologia del mutamento.

I NOSTRI RAPPORTI con gli animali, infatti, non sono mai stati univoci o unidirezionali, ma frutto di scambi reciproci, nell’alimentazione come nel simbolismo, di evoluzioni, e talvolta anche di involuzioni. A raccontarne e scandirne le fasi, anche visuali, è ora la nuova collana Animalìa delle edizioni Nottetempo, una serie di agili, documentati e illustratissimi volumi dalla veste grafica elegante e forse un po’ vezzosa, ma che all’interno delle colorate copertine serbano la solidità della cultura scientifica e divulgativa dei suoi titolati autori.
Così, nei primi due volumi di Animalìa dedicati al fenicottero e al gatto (di prossima uscita il delfino, il lupo, l’asino, il falco), vedremo narrati gli snodi principali di questo complesso rapporto uomo/animale.
Il primo, già nel suo nome racconta della sua lunga storia legata a quell’aspetto sgargiante, quello del phoinix, «rosso porpora» che i greci utilizzavano per indicare il colore ma anche i mercanti fenici, dalla pelle arrossata dal sole mediterraneo. L’altro nome con il quale è conosciuto nelle lingue romanze viene da quella flamma, «fiamma», che le piume del fenicottero sembrano accendere nel cielo quando vola ad ali spiegate, soprattutto al tramonto. Una flamma che darà origine al portoghese flamengo o allo spagnolo flamenco e, sostituendo con il germanico –ing il suffisso latino, all’inglese flamingo. Un colore, quello dei fenicotteri, che deriva dalla loro dieta a base di carotenoidi.

SI INTITOLA Il fenicottero (Nottetempo, pp.220, euro 15) e la sua storia, anche visivamente ben documentata, è raccontata da Catlin R. Kight. Così impariamo che il rosa è sexy, o perlomeno lo è nel mondo di questi volatili, perché l’avere un colore rosa shocking significa, nei loro complessi codici erotici, essere in buona salute, quindi potersi procacciare cibo e saperlo metabolizzare efficacemente: capacità da preferire in una unione feconda. Non a caso gli ornitologi hanno scoperto che gli esemplari più colorati formano coppie e nidificano prima di quelli più sbiaditi.
Questo roseo animale ha incrociato spesso la cultura umana, soprattutto nel mondo dell’immaginario: dal mito della fenice, uccello di fuoco in grado di rinascere dalle proprie ceneri, alla costellazione della Gru, che almeno nella Gran Bretagna del Seicento veniva chiamata del Phoenicopterus, alle varie specie botaniche che portano il suo nome.

Perfino una figura del nuoto sincronizzato viene oggi chiamata «del fenicottero». Ma prima ancora che nell’immaginario, o al suo fianco, il nostro uccello, soprattutto la sua lingua, ha abitato le tavole dei Romani cucinata in sofisticate ricette. Fatto anomalo, il fenicottero sembra eclissarsi dopo il terzo secolo, per riapparire, almeno in Europa, solo nel Medioevo avanzato.
Una delle sue illustrazioni più note, tra le tante che accompagnano tutta la collana Animalìa, è certamente quella di Alice nel paese delle meraviglie che maneggia la sua mazza-fenicottero: «il fenicottero si girava a guardarla in faccia con un’espressione così rincitrullita che lei non poteva fare a meno di scoppiare a ridere».

IN TUTTI I LIBRI di Animalìa, grande spazio è dedicato alla storia dell’arte. Succede anche nel secondo volume della collana, quello di Katharine M. Rogers dedicato al gatto. Testo e illustrazioni fanno a gara per spiegare al lettore la parabola ascendente del felino, lentamente giunto da animale «di servizio» che liberava casa e beni dai topi, ad amatissimo animale da compagnia. Le statistiche riportate parlano chiaro: i gatti stanno sopravanzando i cani come pet, forse anche perché più indipendenti e più adatti a vivere in case sempre più piccole.

AFFASCINANTE la «leggenda nera» del felino, visto come «famiglio» o amico di streghe e demoni, almeno per tutto il periodo in cui le persone credevano in tali fantasie. La causa di questa immeritata fama, leggiamo nel dettagliato studio (perché di ricerca si tratta, anche se di agilissima lettura), potrebbe essere attribuita soprattutto all’etologia felina, che vede stridere una tenera e composta placidità domestica con un’abilità predatoria fuori dal comune. Un gatto si trova a proprio agio tra i più esclusivi ed eleganti salotti borghesi come sui tetti e nei bassifondi o ovunque ci sia da cacciare piccole prede. Interessante e originale è anche il capitolo su «I gatti e le donne», dove viene raccontata la storia (di genere) dei pregiudizi e dello stereotipo che ha riverberato sulla letteratura, l’arte e il pensare comune dei popoli occidentali. Una storia che ha visto da principio i gatti vicini o equiparati a prostitute o streghe, per poi finire nell’arte sacra, laddove si voleva sottolineare un’ambientazione domestica e familiare, come nella Sacra Famiglia di Barocci, dove una gatta allatta placidamente i suoi cuccioli sul mantello di Maria che culla il piccolo Gesù.

NON TUTTI gli stereotipi sono vinti e il gatto continua a essere visto con sospetto. I suoi stessi temibili artigli retrattili in quella morbida zampa diventano metafora e simbolo della falsità. Una collana come quella allestita da Nottetempo ha anche questo pregio: comprendere questo nostro ambiguo rapporto con gli animali che fa sì che si continui a temere più un orso – magari trentino – o uno squalo, invece della placida mucca, che – stando alle statistiche – è di gran lunga più insidiosa.