«Sono almeno 25 i militari uccisi domenica in Mozambico durante un’imboscata compiuta da combattenti jihadisti nel nord del Paese», hanno riferito martedì fonti militari del governo di Maputo.

In queste ultime settimane il gruppo conosciuto come «Ansar al-sunna al-Shabaab» – affiliato allo Stato islamico come Provincia dell’Africa Centrale (Iscap) – ha aumentato il livello di scontro in un’area considerata strategicamente fondamentale dal governo centrale grazie alla sua ricchezza di giacimenti di idrocarburi.
Nelle giornate di lunedì e martedì è stato attaccato il villaggio di Mute, una ventina di km dalla penisola di Afungi, centro nevralgico di un progetto che rappresenta uno dei maggiori investimenti in Africa e al quale partecipa il gruppo francese Total. Anche stavolta i jihadisti hanno preso di mira una base militare a sud del porto di Palma e durante gli scontri «hanno appiccato il fuoco a dozzine di case», secondo un modus operandi ben noto nella regione alle prese con questa insurrezione dal 2017.

«Dopo che i terroristi hanno attaccato la nostra posizione, sono stati inviati rinforzi anche aerei per respingerli», ha riportato all’agenzia Afp una fonte militare, precisando che gli scontri sono ancora in corso in alcune aree limitrofe. Mute è stata a lungo una zona cuscinetto tra gli impianti di gas naturale e il porto strategico per il trasporto delle infrastrutture, Mocimboa da Praia, controllato dagli Al – Shabaab dallo scorso 18 agosto.
Le comunicazioni con questa provincia sono sempre più difficili visto che da una parte gli islamisti hanno causato ingenti danni alla rete telefonica e dall’altra il governo tace perché è preoccupato per l’impatto di questa violenza sulla sua immagine e sui progetti di estrazione degli idrocarburi nel nord del Paese, fondamentali per la sua economia.

L’instabilità dell’area al confine tra Mozambico e Tanzania ha spinto il governo tanzaniano di Dodoma alla creazione di una forza militare congiunta, proprio per arginare l’espansione della minaccia jihadista nell’area, visto che anche le incursioni in Tanzania sono sempre più frequenti.

A metà novembre l’Onu aveva chiesto misure urgenti per proteggere i civili nella provincia di Cabo Delgado, nel Mozambico nord-orientale, ritenendo «disperata» la situazione della popolazione senza alcun aiuto umanitario da più di sei mesi. «La situazione è disperata sia per coloro che sono intrappolati nelle aree colpite dal conflitto, con appena quanto basta per sopravvivere, sia per gli sfollati (…) chi rimane lì è stato privato dei beni di prima necessità e rischia di essere ucciso, abusato sessualmente, rapito o reclutato con la forza da gruppi armati, chi fugge rischia la vita», ha detto l’Alto Commissario per i diritti umani, Michelle Bachelet.

Secondo l’Onu negli ultimi tre anni le violenze hanno causato più di 450mila sfollati. Oltre 15mila persone sono fuggite via mare, con numerose vittime, tra cui donne e bambini. L’Onu chiede inoltre alle autorità di Maputo di far luce sulle accuse di «violazioni dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza mozambicane, comprese esecuzioni extragiudiziali e maltrattamenti».