Giovanni De Paoli è un ingegnere esperto in energie, ha lavorato per 30 anni all’Enea e, accanto alla ricerca, ha portato avanti anche l’attività di divulgatore scientifico. Domani mattina parteciperà a un dibattito presso il dipartimento di Giurisprudenza della Federico II, ospite dell’undicesima edizione del Festival del Cinema dei Diritti umani di Napoli dedicato al tema «Il Clima che verrà». Punto di partenza della sua relazione sarà: «Dobbiamo abbandonare i fossili – spiega – L’Ipcc (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico ndr) ci dice che siamo passati da concentrazione di CO2 in atmosfera pari a 280 parti per milione a 410 e questo ci riporta a un clima di 3, 4 milioni di anni fa. Non c’è cosa più allarmante invece è un dato poco diffuso dai docenti nelle scuole e nelle università. Eppure è questo che fa aumentare la temperatura. Dobbiamo abbandonare drasticamente i fossili e passare all’economia verde».

All’incontro saranno presenti le associazioni Fridays for future e Teachers for future di Napoli, il docente di Diritto penale Antonio Cavaliere, il direttore del dipartimento di Architettura della Federico II Michelangelo Russo, padre Alex Zanotelli e Tiziana Volta, coordinatrice italiana della II Marcia mondiale per la Pace. Il pomeriggio, dalle 19, a Piazza Forcella verrà proiettato il film She built a country sulla lotta delle donne indiane che resistono allo sfruttamento delle miniere di carbone. A parlarne saranno le giornaliste Daniela Bezzi e Maria Tavernini in collegamento con la ricercatrice Eleonora Fanari e il fotografo Andrea de Franciscis.

È ancora De Paoli a spiegare: «Oggi circa 4 miliardi di persone non hanno ancora avuto sviluppo e saranno proprio le popolazioni che aumenteranno di più il loro numero. L’Africa avrà 2 miliardi di abitanti, l’Asia 1 miliardo e 400 milioni, l’India un miliardo e mezzo. Ci vogliono nuovi modelli economici per impedire le migrazioni di massa. Il re del Marocco tre anni fa ha inaugurato il più grande impianto solare a concentrazione per 4 milioni di famiglie del Marocco senza bruciale petrolio, carbone o gas. Non solo si può fare ma l’economia verde crea anche più posti di lavoro. Infatti le vecchie centrali sono meno economicamente vantaggiose di quelle solari o fotovoltaiche che, inoltre, hanno bisogno di più ore lavorative umane rispetto alle altre, creando più posti di lavoro».

Sabato mattina lo stabilimento Whirlpool di Napoli ospiterà il festival per un dibattito su industria, inquinamento e veleni con l’intervento di lavoratori dell’ex Ilva di Taranto, delle Fonderie Pisano di Salerno, rappresentanti della Fiom Lazio e attivisti della Terra dei Fuochi. Dalle 18 a Piazza Forcella la ricercatrice Valentina Ripa dialogherà con il regista Marco Bechis a partire dalla proiezione del suo film La terra degli uomini rossi – Birdwatchers. La chiusura è affidata al concerto di Jovine. «In Austria – continua De Paoli – ci sono acciaierie che non inquinano. A Taranto invece la famiglia Riva, che aveva rilevato l’Ilva, non ha innovato lasciando addirittura il carbone che andava in giro per la città alla prima ventata. Così a Taranto quell’impianto ammazza le persone. Eppure la città è piena di energie che nessuno mette a frutto, si è anzi dimostrata tra i territori più disponibili e sensibili».

Il riferimento è al progetto Sustain dell’Enea: a Taranto hanno aderito otto scuole tra istituti tecnici e licei, che hanno sviluppato progetti con le scuole del Burkina Faso per creare «un villaggio-scuola sostenibile», cioè per rendere autosufficiente una comunità di 200 studenti di una zona rurale attraverso l’autoproduzione di energia e cibo. «Gli istituti tecnici di Taranto, in particolare, hanno portato l’impianto fotovoltaico per accendere la luce nella scuola, dove si può studiare solo di sera per le temperature troppo alte di giorno. Il kit costava appena mille euro – spiega De Paoli – Studenti e docenti pugliesi hanno creato un centro di formazione per tecnici fotovoltaici in Burkina Faso: oltre 300 già formati, disponibili sul territorio per famiglie e imprese. Così i costi sono bassi e si crea un mercato in zone rurali dove il fotovoltaico è l’unica fonte che può migliorare la vita delle famiglie o delle piccole attività. Fare la rete di distribuzione in Africa costerebbe cifre altissime, meglio piccoli impianti lì dove la gente consuma. Così si fa scuola di futuro e anche gli studenti italiani imparano a confrontarsi con le sfide che ci attendono».

È dagli studenti che è nata la protesta del Fff: «Abbiamo bisogno di diffondere le conoscenze scientifiche perché ci sia domanda di cambiamento – conclude De Paoli – Abitiamo un sistema chiuso e limitato che prende energia solo dal sole e dipende dalla sua atmosfera, che però stiamo cambiando ogni mattina immettendo tonnellate di CO2. I sommovimenti, che hanno portato alla nascita dei fossili sequestrandoli nel sottosuolo, hanno permesso 5 milioni di anni fa la nascita delle specie come l’uomo grazie a un’atmosfera senza anidride carbonica, che impediva la vita. Noi oggi li disseppelliamo e li bruciamo, liberandolo anidride in atmosfera, giocando con il pianeta. La situazione è allarmante ma recuperabile con le tecnologie già esistenti per un pianeta più giusto e sostenibile».

Il festival prosegue dal 27 al 29 novembre al Maschio Angioino con la proiezione di 7 lungometraggi e 24 corti (info www.cinenapolidiritti.it).