È guerra aperta tra la magistratura tarantina e il governo. Nel primo pomeriggio di ieri i carabinieri del Nucleo di polizia giudiziaria hanno identificato e denunciato 19 operai per violazione dei sigilli nel reparto dell’altoforno 2, sequestrato senza facoltà d’uso dalla Procura di Taranto e riattivato dall’intervento del governo con un decreto ad ho lo scorso 3 luglio.

Iniziativa che ha spinto il gip Rosati ad inviare l’intero procedimento alla Corte Costituzionale, raccogliendo i sospetti del pm De Luca, sull’incostituzionalità del decreto del governo. È infatti ancora in corso l’inchiesta per omicidio colposo a carico di dieci persone, tra cui il direttore dell’Ilva Ruggero Cola, dopo che lo scorso 12 giugno si spense in ospedale la vita del 35 operaio Alessandro Morricella, deceduto dopo 4 giorni di agonia a causa delle ustioni gravissime riportate sul 90% del corpo a causa di una fiammata violentissima sprigionatasi dal campo di colata dell’altoforno 2 mentre era intento nell’operazione di verifica della temperatura della ghisa. Secondo la Procura, l’impianto non avrebbe i requisiti minimi di sicurezza e per questo va fermato. Per l’azienda invece, l’incidente è stato causato da un’errata manovra umana.

Ieri, inatteso, è arrivato il blitz dei carabinieri. Sedici dipendenti dell’Ilva e tre della ditta d’appalto Semat sono stati denunciati dai carabinieri per violazione di sigilli a conclusione dei controlli effettuati dai militari nell’ara dell’Altoforno2: non sono ancora chiare le motivazioni che hanno spinto i militari a procedere alla contestazione della violazione di sigilli a tutti i 19 operai trovati oggi in servizio al primo turno, visto che il giudizio sull’intera vicenda dovrebbe essere comunque sospeso fino alla pronuncia della Corte costituzionale.

I sindacati hanno subito incontrato l’azienda per chiedere informazioni su quanto accaduto. La dirigenza, secondo le Rsu, ha fatto presente che la linea aziendale è quella di attenersi al decreto legge: secondo Fim, Fiom e Uilm, peraltro, il numero di denunciati potrebbe anche aumentare se gli investigatori dovessero comprendere anche gli operai degli altri turni. L’Ilva in una nota «ribadisce di aver operato nel pieno rispetto della legalità in ottemperanza alle previsioni del decreto legge 92/15. I dipendenti identificati – prosegue l’azienda – hanno eseguito le previsioni di un decreto Legge normato su presupposti di urgenza. Al momento resta garantita la continuità produttiva». Allo stesso tempo, l’Ilva annuncia che «garantirà la tutela legale dei propri dipendenti fornendo loro la più ampia assistenza».

Fim, Fiom e Uilm di Taranto, hanno reagito duramente all’iniziativa dei carabinieri, e in una nota congiunta affermano che «nella vicenda i lavoratori siano privi di qualsiasi responsabilità diretta e, per quanto tali, non debbano essere coinvolti da provvedimento alcuno anche e soprattutto in termini di sicurezza e salvaguardia impiantistica». I sindacati annunciano che «garantiranno la costante informazione sugli sviluppi e ogni eventuale azione necessaria sul piano giuridico individuale di ognuno». Non spetta ai lavoratori «garantire l’attuazione delle prescrizioni o degli ordini dell’autorità giudiziaria. Non è possibile, anzi è allucinante che i lavoratori siano identificati come responsabili. È l’Ilva che deve farlo e allora o l’Ilva ci dice che gli impianti sono sicuri, oppure – concludono – siamo noi a fermare il siderurgico. In questo caos gestionale non si può più stare».

In effetti appare quanto meno strano quello accaduto ieri all’Ilva: è impensabile e ingiusto che alla fine siano gli operai a pagare il pezzo più alto di questo scontro che dura oramai da tre lunghi anni. Per questo nella serata di ieri i sindacati sono stati convocati dal Prefetto di Taranto, che ha assicurato tranquillità sulla posizione degli operai identificati e denunciati ieri. Sicuramente le prossime ore saranno decisive per capire il da farsi. Per ora l’Ilva continua a produrre, seppur al minimo. Ma non è escluso un nuovo intervento del governo nelle prossime ore.