Si è conclusa dopo un lavoro durato oltre quattro anni, l’inchiesta della Procura di Taranto sul disastro ambientale prodotto dall’Ilva: 53 gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari notificati ieri dalla Guardia di Finanza. «Associazione a delinquere finalizzata ai reati ambientali»: questa l’accusa nei confronti di Emilio, Nicola e Fabio Riva, Luigi Capogrosso, ex direttore dello stabilimento, Girolamo Archinà, ex consulente Ilva, Francesco Perli, legale dell’azienda, e di Lanfranco Legnani, Alfredo Ceriani, Giovanni Rebaioli, Agostino Pastorino ed Enrico Bessone, i «fiduciari» dei Riva nel siderurgico. «Provvedevano ad intrattenere costanti contatti al fine di individuare le problematiche che non avrebbero consentito l’emissione di provvedimenti autorizzativi per Ilva, concordando possibili soluzioni, individuando soggetti di vari livelli (politico-istituzionale, mass media, organizzazioni sindacali, settore scientifico, clero) da contattare, disposizioni da impartire a funzionari e incaricati di vari uffici, concordando in anticipo il contenuto di documenti ufficiali da inviare all’Ilva al fine di ridimensionare problematiche anche gravi in materia ambientale, per consentire la prosecuzione dell’attività produttiva in totale violazione e spregio della normativa vigente», si legge nel provvedimento della magistratura.
Nel lungo elenco degli indagati figurano anche politici di primo piano. Tra tutti, il governatore della Puglia Nichi Vendola. Il quale, «abusando» della sua funzione, «mediante implicita minaccia della mancata riconferma nell’incarico ricoperto, costringeva il direttore di Arpa Puglia ad ‘ammorbidire’ la posizione di Arpa nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’Ilva, consentendole di proseguire l’attività produttiva ai massimi livelli, senza perciò dover subire riduzioni e rimodulazioni». Questo scrivono i pm nell’avviso notificato a Vendola, a cui è contestato il reato di concussione aggravata in concorso. I coindagati di Vendola sono tutti uomini Ilva: gli ex manager Archinà e Capogrosso, il vicepresidente di Riva FIRE Fabio Riva e l’avvocato Perli. Per il reato di favoreggiamento nei confronti di Vendola, sono invece indagati l’assessore regionale all’ambiente Lorenzo Nicastro, il parlamentare di Sel Nicola Fratoianni (all’epoca assessore regionale), il consigliere regionale del Pd Donato Pentassuglia, l’ex capo di gabinetto di Vendola, Francesco Manna, l’attuale capo di gabinetto, Davide Pellegrino, e il dirigente del settore Ambiente della Regione, Antonello Antonicelli. Nel registro degli indagati figurano anche lo stesso dg di Arpa Puglia Assennato e il direttore scientifico dell’ente regionale, Massimo Blonda, per l’identico reato: aver eluso le indagini dell’autorità giudiziaria «fornendo dichiarazioni mendaci e reticenti al fine di assicurare l’impunità a Vendola».
Ricevuto l’avviso, Vendola ha dichiarato di essere «profondamente turbato», ma sicuro del fatto che «non sarà difficile poter dimostrare che la mia amministrazione è senza ombre». Vendola ha ricordato quanto fatto durante la sua amministrazione: dal raddoppio dell’organico dell’Arpa nel 2006 (ma a tutt’oggi i tecnici adibiti al campionamento degli oltre 1000 camini in Puglia sono appena due), alla legge antidiossina del 2008 (che prevedeva un campionamento in continuo h24 mai realizzato), dalla legge sul benzo(a)pirene a quella sulla Valutazione del danno sanitario. Vendola ha concluso dichiarando che «abbiamo tenuto la schiena dritta di fronte ad Emilio Riva, sul cui libro paga non ci siamo mai stati».
Tra gli indagati, anche il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno che, per la procura, «ometteva di adottare provvedimento contingibile ed urgente al fine di prevenire ed eliminare i gravi pericoli» derivanti dall’attività dell’Ilva. I pm parlano di «impunità» per i reati ambientali pur avendo «piena conoscenza» delle criticità avendo presentato il 24 maggio 2010 una denuncia in procura «evidenziando un’allarmante situazione». Avvisi anche per l’ex presidente della Provincia Gianni Florido e l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva, ai domiciliari da mesi.
Tra gli indagati l’ex prefetto di Milano Bruno Ferrante, presidente del Cda dell’Ilva da luglio 2012 ad aprile scorso. «Abuso e rivelazione di segreti d’ufficio in concorso» è l’accusa mossa a Dario Ticali, capo della commissione Ippc che il 4 agosto 2011 rilasciò all’Ilva l’Autorizzazione integrata ambientale. Insieme a lui, indagati Luigi Pelaggi (ministero dell’Ambiente) e Pierfrancesco Palmisano (Regione Puglia). Ora gli indagati avranno 20 giorni di tempo per chiedere ai pm di essere ascoltati. Dopo di che i pm presenteranno le richieste di rinvio a giudizio al gup , azione che precede il processo vero e proprio.