Si sono concluse a tarda sera le assemblee all’Ilva di Taranto, dopo la sospensione del tavolo ministeriale in programma con i rappresentanti di Arcerlor Mittal decisa dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Dopo la mobilitazione e lo sciopero di ieri, che a Taranto ha registrato a detta dei sindacati un’adesione totale, Fim, Fiom, Uilm e Usb hanno deciso di convocare per questa mattina un nuovo consiglio di fabbrica «per decidere ulteriori iniziative e mobilitazioni da intraprendere». In una nota congiunta i sindacati sottolineano che «al di là delle rassicurazioni del governo, non è possibile discutere esclusivamente delle forme di garanzia e di salario, escludendo le questioni occupazionale, sanitaria e di rilancio del sito di Taranto mediante opportuni investimenti. Esprimiamo – aggiungono – forte e comune contrarietà a logiche di licenziamenti, così come nessuno scambio può essere ipotizzato su questioni di occupazione con ambiente». Lo sciopero, riuscito, ha visto «una straordinaria partecipazione che ha dimostrato che soltanto uniti si possono vincere le battaglie».

IL PROBLEMA SU TARANTO, come scritto nei giorni scorsi, è prima di tutto salariale. È qui che si gioca la partita tra i sindacati metalmeccanici e Arcelor Mittal. Che ieri in una nota ha ribadito lo stupore per la scelta del governo, sostenendo «di non fatto alcuna ulteriore promessa al governo, a parte il numero di occupati. Il resto sarà oggetto della negoziazione sindacale». Ma alla luce di quanto formalizzato da Arcelor Mittal nella lettera di procedura, rilevano anche i sindacati, «verrebbe meno l’impegno sul mantenimento dei livelli retributivi, di inquadramento e di anzianità lavorativa per tutti i lavoratori che l’azienda intenderebbe assumere». Che a Taranto significano premi di risultato e di produzione, tredicesime e quattordicesime, oltre alle «comandate» (i turni che prevedono un controllo h24 sugli impianti dell’area a caldo per la sicurezza dello stabilimento, ndr.): il famoso integrativo che pesa sullo stipendio annuo di un lavoratore dell’Ilva di Taranto tra i 6 e i 7mila euro. I sindacati sostengono di non essere mai stati messi a conoscenza di queste intenzioni né da Arcerlor Mittal né dal governo. Che in serata, attraverso fonti del MiSE vicine al dossier Ilva, ha definito ‘incomprensibile’ lo sconcerto espresso da Arcelor per lo stop alla trattativa deciso da Calenda, «visto l’incontro che il ministro aveva recentemente avuto, con Aditya Mittal, insieme al vice ministro Bellanova il 21 settembre scorso, chiarendo che non c’era alcuno spazio per mettere in discussione gli attuali livelli retributivi e di inquadramento».

RESTANO CONFERMATI, invece, i 4mila esuberi totali nel gruppo Ilva, la maggior parte dei quali a Taranto, con 3.331 lavoratori coinvolti. Come stabilito sin dall’inizio della trattativa di vendita, resteranno in capo all’Ilva in Amministrazione straordinaria che continuerà ad essere guidata dai commissari straordinari Gnudi, Laghi e Carruba. La società dispone già di di risorse pari ad 1 miliardo e 83 milioni di euro, la cifra sequestrata alla famiglia Riva e rientrata in Italia dalla Svizzera dopo un lungo iter burocratico: il personale sarà impiegato nelle bonifiche interne ed esterne allo stabilimento, anche dopo un programma mirato di formazione. I lavoratori che rientreranno negli esuberi, sempre secondo quanto previsto dal governo, saranno comunque coperti dagli ammortizzatori sociali sino al 2023, anno in cui dovranno concludersi i lavori di risanamento degli impianti dell’area a caldo previsti dal Piano Ambientale. Con la possibilità del reinserimento del personale nell’ambito del ciclo produttivo, qualora l’Ilva tornasse a produrre 8 milioni di tonnellate di acciaio all’anno.

PER FIM, FIOM E UILM di Taranto però, pur apprezzando parzialmente la posizione del Governo a riguardo dei livelli retributivi e di inquadramento, «rimangono del tutto inaccettabili e ingiustificati i 4.000 esuberi a cui si devono aggiungere tutti quelli che fanno parte delle attività dell’indotto. Numeri a cui Fim, Fiom e Uilm non si ritengono per nulla vincolati». La vertenza sarà ancora molto lunga.